martedì 23 novembre 2010

Dante, il veltro e il Banana dimezzato - Riflessione sul potere dei media e sulle illusioni degli italiani di ogni epoca

Sono passati 700 anni da quando Dante mise mano alla Commedia eppure sembra proprio che il poeta parli agl' italiani d'oggi quando, nel Canto primo, appoggia sulle labbra di Virgilio l'unica profezia "in senso proprio" di tutto il poema: quella per cui la lupa della cupidigia verrà sbranata da un veltro (cane da caccia di straordinarie capacità d'aggressione), che la farà morir "con doglia". Dante sintetizza in pochi versi l'attesa delle genti italiche verso un "liberatore politico", speranzose in un condottiero che non sia ingordo di terre e di denaro, ma che anzi persegua i suoi fini secondo sapienza, amore e virtù. Ci penserà Machiavelli circa duecento anni dopo a dare un volto più realistico e cinico al principe, un messia denudato di santità presunte chiamato alla guida dello stato con senso politico vero e proprio.
E oggi? In queste settimane di caos, con il Parlamento trasformato in un incrocio tra la suburra e l'isola dei famosi, si celebra proprio il tramonto di colui che nell'immaginario collettivo ha incarnato una certa idea di leader forte della politica, il messia antennuto e dalle singolari abitudini notturne che si dice guidato dall'amore (secondo un'autodefinizione indulgente e molto meno ingenua di quanto non si voglia far credere). Silvio Berlusconi è agli sgoccioli della sua carriera di condottiero, dicono gli osservatori con lo sguardo fisso all'orizzonte: previsione rischiosissima, visto che l'uomo ha la dote di uscire da sepolcri a lui destinati con l'aria del visitatore occasionale.
Quel che è certo è invece un altro punto di analisi: dovrebbe essere accantonata la speranza nel leader risolutore, nell'uomo solo al comando che in base alla sue trascendenti qualità nascoste riuscirà a trarre miracolosamente la nazione fuori dalle sabbie mobili nelle quale puntualmente dalla sua nascita sembra essersi cacciata. Anzi, mai come oggi, riprendendo l'allegoria dantesca, il veltro e la lupa sembrano essersi messi d'accordo per generare un ibrido nocivo ad egli stesso e alla comunità.
Così sia; il crepuscolo del berlusconismo, tornando a bomba, svela tra le sue ombre i contorni di una verità sempre più salda: l'idea di un leader forte è superata.
A spiegare bene il perchè da una prospettiva della società dell'informazione è il libro del sociologo Joshua Meyrowitz che si intitola "Oltre il senso del luogo". Meyrowitz collega l'idea di autorità al controllo delle informazioni, sostenendo che la sempre maggiore pervasività dei media erode il fondamento del rapporto tra superiore e inferiore. Entrando sempre più nel retroscena, svelando le debolezze e gli scivoloni, le umane miserie e le imperterrite aberrazioni del leader, la comunicazione riequilibra il potere a favore del sottoposto. E in effetti la tv, terreno militarizzato dal berlusconismo imperante, ha contribuito, grazie ai pochi interstizi di libertà rimasti, di mostrare un premier gaffeur e invecchiato, poco ilare e crudele. E su internet è ovviamente anche peggio. Con il tramonto della centralità televisiva, tramonta anche il pilastro centrale della macchina del consenso del premier. E' un percorso lento ma inevitabile.
Rimodellando gli spazi sociali, facendo crollare muri informativi una volta alti e spessi come i millenni in cui erano stati creati, i media creano i presupposti per un indebolimento dei rapporti di potere tradizionali in ogni ambito sociale: nella politica così come nella famiglia (la crisi del ruolo maschile nei nuclei basati su relazioni parentali) e nel rapporto tra generi (il lento riequilibrio tra uomo e donna). Berlusconi si trova oggi in balia delle informazioni che circolano: l'avvisaglia che anche per lui si avvia una fase di leadership debole.
Non è detto, però, che ciò sia un procedimento "buono" e "positivo": basti pensare agli studi di scuola americana sul rapporto tra giornalismo di advocacy (quello che fa le pulci al potere) e la sfiducia sempre più ampia nell'elettorato verso le istituzioni. Fenomeni complessi, quelli che stiamo vivendo, i cui esiti potrebbero essere anche infausti; e i segnali di una preoccupante crisi delle democrazie ci sono tutti. Serve un'iniezione di valori per rinvigorire un sistema politico fiaccato, che paradossalmente perde credibilità proprio attraverso le inchieste da tutti applaudite come inevitabili e necessarie. Se non indurranno ad un maggiore senso di responsabilità nella sfera politica, le "inchieste" porteranno solo a favorire gli interessi particolari di chi vede male ogni centro di mediazione orientato al bene comune.

lunedì 22 novembre 2010

I Vergini

Succede che il Prefetto De Miro neghi la certificazione antimafia a dieci aziende reggiane e non ne faccia i nomi. Succede che Iren si accorga che, guarda caso, queste dieci aziende abbiano appalti in essere proprio con la nostra multiservizi. Succede che nessuno voglia fare i nomi di queste dieci aziende.
Reggio Emilia è in Italia e non ci possiamo aspettare altro.

domenica 21 novembre 2010

Offlaga Disco Pax, B Sharp, Marlene Kuntz: godimenti musicali

Fine settimana a tutta musica. Prima al concerto dei B Sharp all'Officina delle Arti con uno scatenato Valerio Carboni a orchestrare quasi un'ora e mezza di grande musica e grandi atmosfere jazz. Virtuosismi a profusione e chiacchiere di note tra sole e nebbia, musica per menti gioiose, a volte difficile, mai banale.
Poi gli Offlaga Disco Pax al Calamita a Cavriago, un concerto con le loro storie dentro le loro storie: musica da cameretta grande come la Pianura, nostalgie canaglie, il passato che non passa, uno sguardo interiore su una rivoluzione mancata e su tutte le rivoluzioni inciampate nel vuoto. Finale di serata in silenziosa passeggiata sotto la pioggia a piazza Lenin, dove si sta tenendo un improvvisato "congresso" del Plc trentino (tre reduci in pellegrinaggio guidati dall'Idea, come la chiama il più anziano del manipolo) e raccogliticce delegazioni emiliane: ore due del mattino, il busto guarda inevitabilmente ai cieli oltre le epoche e non può sapere che intorno una rettangolare colata di cemento ha chiuso gli orizzonti di molte illusioni. Venti o palazzine sono le nuove custodi del busto fuso cent'anni fa, un altrove totale.
In sottofondo il ritorno dei Marlene Kuntz, con una gustosa anteprima in free streaming in circolo da 72 ore. Si parla di internet, di sesso, di solitudine. Un morso nella mela, questa volta con i denti affilati: chitarre e suoni adatti al blasone del quintetto. Testi sempre più raffinati per frugare nei forzieri dell'anima, suoni grezzi e nuove aperture melodiche sotto il cielo dei cantautori.
Tu chiamale, se vuoi, evoluzioni.

giovedì 18 novembre 2010

Grande serata alla Gabella - Una rivoluzione morale è iniziata

La nascita del gruppo dei giovani contro le mafie è la cosa migliore che sia successa a Reggio dal punto di vista sociale negli ultimi dieci o forse venti o addirittura trenta anni. Un manipolo di ragazzi neanche maggiorenni che si mettono in gioco per l'unica vera rivoluzione in cui è necessario credere, oggi, nel 2010, in Italia: la lotta contro le organizzazioni criminali.
Non è allarmismo e bisogna essere chiari su questo punto: il 50% dell'economia nazionale ha a che fare con l'illegalità organizzata. Non stiamo parlando di machismo da osteria, o di marginali armati organizzati in bande.
Stiamo parlando di quello che attualmente è la più seria minaccia alla democrazia presente su piazza. E il motivo è semplice: l'illegalità si sta mangiando l'economia, e l'economia ha invertito il suo rapporto con la politica, entrando nel suo territorio e relegandola in una posizione ancillare. Il mafioso non ha più bisogno del politico corrotto: il politico piegherà automaticamente la testa di fronte a una forza che lo sovrasta e rispetto alla quale non ha i mezzi per opporsi.
Occorre una rivoluzione, una rivoluzione morale.
I ragazzi del gruppo giovani contro le mafie di Reggio la stanno facendo. Una rivoluzione contro l'apatia, contro l'ignoranza. Contro la legge del più forte. Contro il potere, un potere marcio e corrotto che ha avvelenato i pozzi della nostra democrazia.

Music News

A giorni arriva il nuovo album dei Marlene Kuntz. Ha un titolo imbarazzante, speriamo che contenga almeno un paio di pezzi ascoltabili. Li ho amati ma ultimamente non li riconosco più.
E venerdì invece, alla Officina delle Arti, Carbo presenta il nuovo album dei suoi B Sharp. Sarò da quelle parti. Domani sera Gabella. Sabato invece Offlaga a Cavriago, a pogare col Busto di Lenin.

mercoledì 17 novembre 2010

La mia fine legislatura ideale

Sarebbe bello se il 14 dicembre spuntassero i giganteschi vermoni di Tremors direttamente nello studio di porta a porta. Se irrompessero in una puntata qualunque potrebbero migliorare il livello della politica e del giornalismo nazionale - solo spalancando le fauci e richiudendole, molto in fretta con un rapido basculamento da destra a sinistra e ritorno delle loro protuberanze sminuzzatrici. Sarebbe un gran finale. E dopo, sotto con un bel governo griffato Marina Berlusconi, che struccata è Sallusti, che con un pene diventa la Santanché.

domenica 14 novembre 2010

La scelta del silenzio

Oggi ho letto il primo editoriale di D'Avanzo in cui mi sono riconosciuto e ciò significa che la mia lucidità sta calando. Me n'ero già accorto e infatti non entravo da queste parti da un po' di tempo.
Mi stavo giusto chiedendo: perchè aumentare l'entropia dei significati con frattaglie discorsive sparse in spazi come questo? Potrei dire tante cose ma il sonno mi pesa addosso, nella strada le ombre dei mestieranti sfuggono vicino ai muri, le luci nelle finestre si diradano come una punteggiatura rarefatta.

martedì 2 novembre 2010

Perchè oggi, per la prima e probabilmente ultima volta, sono solidale con Berlusconi - Le vere puttane? Nel Pdl e tra gli intellettuali di corte

Basta, a tutto c'è un limite. Questa sera ho raggiunto il livello massimo dello "strippo" da eccesso di tensione e bombardamento di news in tempo reale; ciliegina sulla torta, un incredibile PG Battista che su Ballarò se la prendeva con il cattolico - meglio dire ciellino, che è un'altra religione - Lupi, chiedendogli perchè Berlusconi non abbia risposto alle domande sulla folle notte in questura della scorsa primavera. Scosso da tanto disgustoso paraculismo giornalistico, stupito dall'unanime coro di riprovazione proveniente dall'arena mediatica (malato! - puttaniere! - sconcio! - incapace!) ho ritenuto inevitabile precipitarmi sul blog per prendere le difese di Berlusconi.
Silvio di Arcore oggi viene tradito dalle prostitute, il che lo rende più sfigato di Kennedy e Clinton: i due presidenti americani ebbero meno sfiga con le loro escort. (...) Clinton addirittura guadagnò dieci punti di consenso dalla sua relazione prematrimoniale con Jennifer Flowers. Ai moralisti del Pd ricordo dunque che il loro mito Clinton, quello che volevano portare dentro all'Ulivo Mondiale con tutti gli onori, era stato messo a capo dagli elettori della "più grande democrazia del mondo" proprio dopo che gli elettori stessi avevano scoperto le corna fatte alla moglie Hillary. Clinton con quel curriculum si presentò agli elettori e battè Bush padre, che aveva appena VINTO la guerra in Irak...
Perchè, mi chiedo dunque, idolatrare Clinton e additare Silvio come un appestato amorale posseduto dal demonio?
Il secondo motivo per cui Silvio è oggi un uomo da difendere sta proprio nella totale mancanza della capacità di fingere di Berlusconi: un uomo alla mercè dei suoi vizi da sempre, incapace da sempre di concepire la democrazia, sceso in politica solo per salvare le sue aziende da un clamoroso crack. Nessuno di coloro che hanno passato 15 anni a suo fianco senza pronunciare critiche, oggi ha il diritto di metterlo in croce, a partire da Gianfranco Fini, le cui opinioni sono condivisibili ma che contemporaneamente appare un filino ipocrita.
Anche il Pd farebbe meglio a ricorrere ad una autocritica serrata per non aver fatto, quando poteva, la legge antitrust. Ora il tempo è scaduto.
Ma c'è un altro motivo che mi fa parteggiare, oggi e solo oggi, per Berlusconi: il timore per ciò che verrà dopo. Nel periodo di più drammatica debolezza dei partiti politici e del sistema politico, che B. col suo qualunquismo becero ha contribuito a devastare, esso può diventare ancor più permeabile alle brame di qualsiasi potere affamato di dominazione: lobbies, mafie, conventicole, "zoccole" unite in sindacato e chi più ne ha più ne metta.
La discesa in campo di Berlusconi ha segnato l'ingresso ufficiale del potere economico nella riserva della politica, approfittando di una crisi di sistema (92-93) che ha dato oggi, come ultimo risultato, un'altra crisi di sistema e un forte indebolimento "costituzionale" del paese. Il pollaio è aperto e la volpe può entrare e fare una strage. Dopo Berlusconi può anche venire di peggio, qualsiasi cosa. Ingerenze già si intravedono in questa fase. Può venire di peggio.... aprite gli ombrelli perchè pioverà: e potrebbe essere merda.

domenica 24 ottobre 2010

Satira contro gli animalisti

L'esercizio della crudeltà sugli animali rende peggiori degli animali; pretendere che gli animali siano meglio delle persone rivela maggiore stupidità delle bestie e insipienza e ignoranza degna del mondo inanimato. Quando sento qualche nevrotica affermare che "i cani sono meglio degli uomini", o amenità simili, penso sempre che ciò è esattamente il pensiero di molti nazisti tra i più feroci. Hitler adorava i suoi cani e li riteneva meglio dei sei milioni di ebrei che ha mandato a marcire nei suoi campi di concentramento.
Solo un idiota può ritenere che la causa animalista abbia più importanza di qualunque altra battaglia che riguarda l'uomo e la dignità umana, calpestata senza pietà ogni secondo che passa.
Non c'è nulla di più totalmente patetico di quelle persone che, incapaci di gestire la complessità dei rapporti con gli altri e col mondo, surrogano loro stesse in un narcisistico rispecchiamento negli occhi del proprio animale domestico. Un atteggiamento che giustifica molte bestialità (come l'antropizzazione di molti cuccioli - bimbi) contrarie alla stessa natura autentica degli animali.

Satira contro S.

Ho amato S. e ora so perchè. Cercavo un degno finale per il mio racconto, un'uscita di scena che comprendesse l'infinito dentro un equilibrio di due o tre momenti chiave. Un tramonto, una semina immateriale, germogli. Non c'era niente oltre la siepe per noi pacchiani poeti, solo un perfetto inverno, inconcluso, carico di rancore.

Satira contro la discoteca

Faccio pubblica ammenda, signori della Giuria. Ho sbagliato.
Anni fa, passando in rassegna i luoghi mentalmente cancerogeni della nostra società, la discoteca emergeva al primo posto della mia immaginaria lista nera. Oggi non può più essere così. La discoteca in quanto tale è una costruzione che sta scomparendo, sempre più insensata rispetto agli standard del marketing della società dell'irreale. Altri luoghi l'hanno soppiantata come principali fabbriche di significato del mondo contemporaneo. Penso ad esempio alla palestra, o alla chat, o alla vacanza esotica di massa. La palestra è la nuova discoteca, là dove il maschio giustifica la cura del suo corpo del tutto femminea e dove la donna impone il suo modello di dominazione mascolina. Non è più nelle parodie di danza da dancefloor che si forgia la coscienza di una generazione ma nella disciplina militare del personal trainer, nella liturgica standardizzazione dell'acquagym: è qui che una tristemente ampia schiera di sottoposti alla voce del padrone, cioè del marketing, accetta un uso di sé che fa gioco ad ogni business, ad ogni nuovo tipo di rapporto dominante che il potere economico impone attraverso la disciplina dei corpi.
Oggi le discoteche, quando non sono vuote, sono scatoloni depotenziati; luoghi di passaggio in cui i partecipanti pagano nostalgico tributo al vecchio culto. Non sono più centrali, perchè la modernità dei consumi ha eletto nuove cattedrali in cui farsi adorare.

domenica 17 ottobre 2010

Satira contro la realtà

"Tu giornalista non fai il tuo dovere perchè non descrivi la realtà". Sorrido quando sento frasi come questa, frasi semplici per menti semplici.
Parole che si basano su un presupposto insussistente: affermare che lo scrittore può descrivere la realtà significa vivere sulle palafitte del pensiero magico. Chi pensa questo dimostra di essere ancora dentro le caverne della Val Camonica: gli autori delle incisioni rupestri del paleolitico erano convinti di poter controllare l'essenza di quello che raffiguravano mediante l'atto della raffigurazione stessa. Oggi il giornalista sa come prima cosa che non potrà descrivere la realtà, proprio perchè il concetto di realtà si colloca all'interno di un orizzonte (che è il discorso in se stesso) da cui l'essenza del mondo è di fatto esclusa, ammesso che essa esista davvero. Non esiste una realtà, esistono linguaggi e regole di funzionamento ad essi tutte interne. Esiste il caos dell'infinita materia, e poi esiste il "senso", che fa da colla a frammenti coerenti, secondo un principio che non è quello dell'identità tra parola e mondo ma quello della funzionalità ai molteplici scopi dell'uomo. Persino il discorso scientifico ha rinunciato all'idea di poter descrivere la realtà, da quando ci siamo accorti che l'osservazione "crea" l'oggetto da osservare. Quella che chiamiamo realtà è un'ipotesi, una fuga, una ritirata nei meandri dell'allusione. Una pianura silente che non parla all'uomo e che non serve all'uomo, se non come punto d'appoggio per le sue pretese nel rapporto con la "sostanza" ad esso esterna: quindi un grande fantasma.

mercoledì 13 ottobre 2010

Satira contro l'amore

Le storie d'amore non dovrebbero finire mai e alcune non dovrebbero nemmeno iniziare. Conoscevo una ragazza che amava il suo uomo e faceva progetti seri per il futuro; poi un pomeriggio si invaghì di un motociclista che la conquistò allungandole le mani sul culo. Ecco come finiscono le storie di buoni sentimenti, specie se nella parte del fesso rivale del motociclettaro c'è il sottoscritto. Tanti auguri al marito che s'è fatto di recente trasformare in padre da questa tizia: adesso saranno cazzi suoi, ammesso che abbia la fibra per affrontare la REALE situazione in cui s'è messo. Tanti auguri pure a lei, sperando che la sua scatola cranica abbia finalmente trovato un inquilino.
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L'amore non perdona: lo ha detto anche Dante e non tutti hanno capito il vero senso "extra-romantico" delle sue terzine in tema. Tra gli effetti del bel sentimento: rendere pirla e trasformare la donna in angelo. Visioni da combattere a mazzate d'antidoping e sedute psichiatriche, oppure con un bel bagno tonificante nelle acque della vita reale, quella dove Cupido nemmeno fa mezzo pediluvio. Il contatto maschio femmina è questione di corpo: si sbatte tra le radici sanguinolente del pube e il sesto senso raffinatissimo che chiamiamo ragione. E' sopravvivenza condita di calcolo, ispirazione e visioni. Oltre a questi altipiani, solo un burrone di fumose e generiche espressioni d'occasione, coniate nei secoli dai filosofi della chiacchiera.

giovedì 16 settembre 2010

Parole infelici e Machiavelli. Perchè la memoria della Resistenza rischia di restare un semplice Strumento del Potere

Il consigliere comunale Andrea Parenti ha trasceso il limite della correttezza definendo la Resistenza una "menata": parola inaccettabile, poco rispettosa, poco democratica. E anche inutile, dannosa, un autogol: perchè permette all'assessore Matteo Sassi di andare sui giornali a dargli del fascista, cioè di compiere la solita operazione di chiamata alle armi che sostanzia una delle modalità più forti di mantenimento del consenso dell'attuale sistema di potere reggiano. E' il paradosso arcinoto: quasi settant'anni di governo unico che si fa forza con la lotta per la libertà di settanta anni prima. Per questo Parenti ha fatto autogol.
Ma al di là dell'espressione infelice, il consigliere leghista ha ragione da vendere se ci riferiamo al contesto in cui la frase era inserita. E' giusto che il consiglio comunale passi ore a discutere dell'introduzione di una nuova festa sul tema "Resistenza e libertà"? No, non è giusto. Di occasioni per la memoria ce ne sono già tante: si lavori affinché queste non diventino solo un'occasione di ritrovo per vecchi reduci e parenti di vecchi reduci. Per il resto, il consiglio è meglio che si sforzi di trovare soluzioni alle code, alle liste d'attesa per gli asili e a tutto il resto che serve a fare di una amministrazione una buona amministrazione. Campioli e Bonazzi non verranno ricordati per le corone di fiori apposte nei luoghi della memoria. L'uso della memoria per spostare il discorso su livelli diversi da quelli dell'utile e del necessario, la rende una menata.

lunedì 13 settembre 2010

Festareggio, ovvero il folklore della polemica. La mia.

E' finita Festareggio e tutti ci sentiamo più soli. Tanti i bei momenti che la kermesse del Campovolo lascerà per sempre impressi nei nostri cuoricini di post adolescenti mai cresciuti.
Bellissima la polemica sul Solitario nella serata che pur essendo a lui titolata, secondo gli organizzatori era dedicata a tutt'altro. Ricorderò poi sempre con notevole trasporto la Serrachiani che declama ad un pubblico di ultrasettantenni in delirio la meravigliosa frase "e togliamoci questa faccia da sfigati". Medico cura te stesso. La stessa sera sono riuscito pure nell'impresa di litigare con un partigiano: lui attaccava Bertinotti e difendeva Mastella, io attaccavo Mastella e difendevo Bertinotti. Ma perchè poi? Boh? Sono tutti e due quasi incoalizzabili, al netto della realpolitik.
Memorabile lo scontro all'area Sputnik con il responsabile provinciale di Generazione Democratica. Uno che alla mia obiezione sulla necessità di cestinare Lenin tra i riferimenti del partito democratico mi risponde che tanto nessuno legge il mio giornale, merita di fare carriera in questo partito. Lo vedo pronto per un posto nel Cda nel Gal Antico Frignano e Appennino, nel ruolo, condiviso da molti in questa bella italietta di guelfi e ghibellini che tengono famiglia, di imboscato a spese pubbliche.
Polemiche a parte, ho mangiato bene e ho visto tanta gente che ci crede. Nonostante tutto. Forse meriterebbero qualcosa di più, ogni tanto: un leader e un programma da partito di sinistra vero.

domenica 29 agosto 2010

Modesta proposta: la Masini assegni a Gheddafi l'assessorato all'ambiente honoris causa

E' arrivato Gheddafi a Roma con le sue duecento amazzoni - bodyguard, e noi freak ci sentiamo meno soli. Credevamo che il punto più alto di questa settimana fosse rappresentato dal passaggio a Festareggio di Flower Terry, la cantante che sostiene di essere stata rapita dagli alieni. Oppure dal dibattito di ieri sera tra Masini e Serrachiani di fronte ad un pubblico di settantenni plaudenti. Momenti surreali, di dimensione prettamente extrapolitica. Soniona è riuscita a sembrare un filino populista anche ai suoi, nel tentativo di sembrare una Rudolph Giuliani in gonnella. Le sue esternazioni in tema di immigrazione e sicurezza hanno scaldato solo alcune manciate di pensionate semiappisolate in platea, mentre intorno cresceva un certo disappunto.
Ma che volete: il futuro della sinistra è già iniziato. La nuova sinistra è quella che si vergogna di sé stessa. Per questo, in rapporto alle esternazioni in salsa pragmatista e anti - ideologica della Masini, l'idea di una leadrship del nuovo ulivo affidata a Gheddafi potrebbe anche sembrare decisamente appropriata e coerente.
Dopo aver incontrato personalmente il ras Tripolitano l'anno scorso, proponiamoalla Masini, come ulteriore passo di avvicinamento del Pd al leader libico, di assegnargli la poltrona vacante di assessore provinciale all'ambiente con delega al nuovo inceneritore. I soldi saprebbe dove trovarli, e lo stesso dicasi per la necessaria forza lavoro a basso prezzo: gli basterebbe dare un'occhiata alle carceri libiche piene di suoi oppositori politici.

lunedì 23 agosto 2010

Si parla di Giorgio Morelli e gli animali spazzini iniziano ad agitarsi.


"Voltare pagina.
 Il giornalismo reggiano dopo la Liberazione (1945-1951). 
In ricordo di Giorgio Morelli «Il Solitario»".
Se Giorgio Morelli Il Solitario fosse vivo, oggi, 23 agosto 2010, a chi dedicherebbe i suoi articoli?
La domanda è tutto fuorchè paradossale, anzi: è l'unica domanda che abbia senso. E questo per una semplice motivazione.
Oggi come oggi la figura di Morelli è ridotta alla sagoma di un grande pretesto. Intorno alle sue spoglie si scontrano le due opposte fazioni. Da una parte i guardiani della verità di Istoreco, che a "soli" 64 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale continuano a dover giustificare il proprio ruolo di "biografi autorizzati" della resistenza. Il che li porta ad essere tenui nell'indicare le precise responsabilità, anche quelle evidenti. Si è a lungo taciuto sul fatto che Giorgio Morelli fu ammazzato dai partigiani rossi, tra i quali erano presenti numerosi criminali, rubagalline e killer indegni di essere associati alla grande epopea resistenziale. Istoreco dov'è stata per 64 anni? Su questo, sul perchè il PCI sia stato zitto per anni, un istituto storico che voglia definirsi come "serio" dovrebbe essere deciso ed indipendente. Al dibattito che si è tenuto ieri sera Festareggio, il presidente Istoreco Carrattieri è stato molto cauto nei giudizi, ha parlato del silenzio dell'Anpi su Morelli e anche dell'altrettanto poco commendevole, lungo, apparentemente ingiustificato silenzio della Dc reggiana. Chi s'accontenta gode, forse. Tutti colpevoli, nessun colpevole.
Dall'altra parte della barricata che divide gli interessi particulari in gioco, staziona una serie di improbabili "furbetti del ricordino", ometti col dente avvelenato che piegano alle loro concrete esigenze, tutte contemporanee, la storia di quei giorni. C'è chi fa il mercante della memoria e rimpingua il conto in banca cavalcando la moda revisionista di questa bella Italia tardofascista; c'è chi tenta di accreditarsi come storico senza averne i titoli accademici; c'è chi di storico ha solo il proprio criptonazismo; e c'è infine chi, con una operazione vomitevole, usa il ricordo di Morelli come cavallo di troia per infangare la Resistenza e il suo frutto migliore, cioè la Costituzione, nel quadro di un disegno che punta a limitare le libertà per cui Morelli, fino al 25 aprile, aveva rischiato in proprio la vita. Insomma intorno al ricordo di Giorgio Morelli si aggira una variegata feccia di provincia, micropolitici e nanostorici che andrebbero ricacciati nelle fogne da cui provengono a calci nel culo, tanto per essere chiari.
Contro questa duplice schiera Giorgo Morelli oggi indirizzerebbe uno ad uno i suoi strali; e farebbe centro. Chi vuole conoscerlo ha un solo strumento, leggersi La Nuova Penna, il foglio da cui il partigiano lanciò le sue memorabili invettive; spessissimo prendendoci in pieno e a volte, come è umano che sia, no. Tutto da dimostrare è, ad esempio, il teorema morelliano dell'esistenza di un piano di vendette&sterminio appoggiato dal Pci reggiano e messo in atto nei giorni successivi alla liberazione. Difficilmente, finchè ci sarà questa generazione di storici e di politici, si troverà una risposta attendibile. Nel frattempo, si legga La Nuova Penna: il resto in grandissima parte è fumo, e l'oblio sembra addirittura meglio.

giovedì 19 agosto 2010

Il bluff porta a porta. Tanto fumo, poco rusco: o i cittadini di via Adua e dintorni se lo mangiano, o lo spargono in tutta la città. Think about it!

Iren, l'isola del tesoro. Duemila euro al giorno, uno schiaffo a chi lavora

Kill your Idols bis - Il Sirenetto di Zocca e la Baiadera Blasfemo-Chic non hanno altro scopo se non renderti loro servo pagante


Kill your idols, dicevamo. Non un sermone bigotto ma un invito all'uso della ragione critica.
(A love supreme, dice una voce nel semi-causal jazz di John Coltrane che in questo momento riempie la stanza, con Elvin Jones che disegna spazi ritmici di raro esotismo. Un altro tempo e un altro spazio, nel nostro tempo e nel nostro spazio).
Ma non divaghiamo. Quando si spendono parole chiare su fenomeni come la Ciccone, vista la schiera dei fans adoranti in agguato e pronti a segnalarti per un Tso d'urgenza in caso di critiche all'idolo dorato, occorre usare parole chiare, e argomentare.
E' interessante notare come Veronique Ciccone esca indenne al passare del tempo nonostante i critici e i fans si rendano progressivamente conto della nullità musicale della Giovanna d'Arco di Bay City. L'interessante fenomeno purtroppo non si limita ai lidi scoperti da Cristoforo Colombo ma ha degli identici riscontri pure in terra italica. La scatenata cheerleader che negli anni 70 spompinava a manetta nella Rochester Adams High School ha infatti un perfetto similare nel sirenetto di Zocca, Raschio Rozzi, il finto rocker più famoso d'Italia.
Ahi serva Italia, di dolore ostello, | nave sanza nocchiere in gran tempesta, | non donna di province, ma bordello!, scrisse con perfetta cognizione di causa sul music - biz nazionale il poeta novello Dante Alighieri qualche secolo fa: un preveggente come la sua guida a cinque stelle nell'oltretomba, Virgilio, che secondo alcuni avrebbe anticipato la notizia della nascita di Gesù di alcuni decenni... ma lasciamo stare gli scoop dell'anno zero e torniamo ad occuparci del grado zero della sensibilità e dell'intelligenza.
Il dott. Rozzi è esattamente la trasposizione italiana del cicconismo. Ad un iniziale fenomeni musicale il muzic biz ha appiccicato una maschera (votiva, elusiva) volta ad ingrossare la palla di neve fino ad una valanga hard selling. Dove sta il punto di contatto dei due fenomeni? Nella FINTA TRASGRESSIONE. Vita spericolata è la Like a Virgin italiana.
In entrambi i personaggi la trasgressione sessuale diventa strumento di vendita del disco e mezzo di autoappagamento del fan-acquirente-pollo da spennare. Il disco cioè, per essere più venduto, diventa tassello inevitabile, radice-fonte-certificatore di uno stile di vita più compiuto che definisce l'identità dell'acquirente. A un livello ancor più sotterraneo si sdogana l'idea che sia l'acquisto del bene a descrivere la persona, rendendo i sonnambuli giovini spennandi schiavi di un giochetto chiamato consumismo di massa. Insomma mettendo in moto a distanza il pene e la vagina degli infiammati adolescenti globalizzati, attraverso Rozzi e Ciccone si spaccia una visione del mondo facile e a portata di supermercato... una vera merda fumante che negli anni '60 - '80 porta schiere di giovani, oltre a subire l'influenza diretta del potere politico, ad essere servi pure dei nuovi grandi potentati economici globalizzati... Infatti la soluzione finale di questo movimento è null'altro che l'arricchimento del cantante e del suo padroncino multinazionale della discografia: cioè il consolidamento di un rapporto di potere in cui il cantante e il discografico comandano e si arricchiscono, e in cui il fan elargitore la prende sistematicamente in culo con gioia.
C'est la vie, la distruzione, come diceva Pasolini parlando provocatoriamente di nuovo fascismo, della nostra tanto cara e amata vecchia società: piena di disuguaglianze ma anche piena di identità stratificate nei secoli che sorreggevano la possibilità di uno spirito critico elementare, spesso basato su null'altro che la tradizione. Oggi chi parla di questi antichi scenari viaggia tra le macerie di un mondo perduto come Pasolini stesso tra le vestigia di Roma antica in Mamma Roma: nessuno spirito critico, nessun no al padrone che di volta in volta bussa alla porta per incularti. Sono altri tempi e chi se ne rende conto, spesso, ha la sensazione di camminare al ritmo di un altro tempo nel tempo.

mercoledì 18 agosto 2010

Kill Your Idols. Perchè la nota popstar "tutta - americana" con una passione per il trascendente e il nudismo è una autentica cagata pazzesca


Questa settimana ho provato sulla mia pelle cosa sia l'intolleranza religiosa. No, non mi sto riferendo alle mie recenti avventure intorno alla moschea di via Gioia (se ne avrò voglia vi segnalerò alcune cose che riguardano il furto e il degrado e aggressioni gay da quelle parti...) mi sto riferendo ai fans di Veronica Louise Ciccone, detta Ma., nota popstar - vacca mungitrice dello showbiz. Una pericolosa nullità astrale che da 30 anni calca la scena approfittando del rincoglionimento di massa indotto dalla società dello spettacolo... one dimensional children ammassati ad adorarla eccetera eccetera... è un fenomeno che meriterebbe la stessa attenzione dell'evoluzione nei sistemi di derattizzazione, se non fosse che forse un'invasione aliena di topi mutanti sgorgati dalle fogne della città e avvezzi all'uso di granate e missili intelligenti sarebbe meno pericolosa per la salute della nazione rispetto al processo di rafforzamento della coglionaggine media indotto dal fenomeno Ma.. Ai topi di fogna piace la nutella e non mi stupirebbe se la ciccone avesse gli stessi gusti. E' aberrante certificare da anni il successo di un mostro sotterraneo col cuore di tenebra, uno zero assoluto che sopravvive cavalcando le mode, il tipico zombie riportato alla luce dal rimbombo dei media.
Questa settimana, lamentandomi di quanto sia disdicevole il persistente hype intorno ad un siffatto monstrum, ho fatto incazzare una sua fan radicale... fatto a sua volta triste, anche se la verità e l'odio sono spesso connesse. Finchè ci saranno le Ma. e i Vasco la nostra società sarà destinata a soccombere. Le anti-culture emergenti, come l'integralismo islamico o il despotismo plutocratico alla cinese ci spazzeranno via come merda di pollo, se continuiamo a stare dietro a queste icone del nulla. L'assenza di valori è l'accogliente pianura in cui prolifereranno i pazzi del nuovo millennio: chi non ha gli occhi per vedere la vera anima di queste icone, non ha nemmeno la possibilità di maturare un giudizio sul bene e sul male in generale.
Be aware.
Mahalo.

giovedì 12 agosto 2010

RETROSCENA GNAM GNAM - Ascesa e caduta del white power - Sonia e Graziano: la coppia (di estranei ) che non ti aspetti


Dopo un anno di Delrio bis una domanda si fa avanti tra politici ed addetti ai lavori e opinionisti perditempo, tra cui ovviamente il sottoscritto: il castagnettismo è al tramonto?
Dopo la saga del "Rise and Fall" del potere spaggiariano, dopo sei anni di ex balena bianca al governo della città si iniziano ad avvertire tutti quei pericolosi scricchiolii che indicano il malfunzionamento di una macchina di potere.
Ragionandoci su, seembra che il sindaco non si sia accorto della differenza tra il governare con il 60% e con il 51%. Sono due condizioni ontologicamente diverse, che impongono strade diverse. Invece non c'è stato un adattamento da parte del manipolo al potere, con i soliti quattro gatti ex scudocrociati a decidere per tutti nelle segrete stanze. Lo stesso stile di ieri prosegue oggi. Fin dalla assurda gestione del dopo voto dell'anno scorso. Delrio un mese al mare a decidere al telefono la giunta con Giulio Fantuzzi. Il gruppo consigliare messo al corrente delle scelte solo mezz'ora prima del primo consiglio comunale... ve lo ricordate? Quello del giuramento e delle lacrime di Sara Iori, consigliera illegittima "licenziata" da Sala del Tricolore e poi ripescata nel gabinetto del sindaco. Delrio aveva la faccia di cemento (cit Elio e le storie tese), non solo perchè la colossale sceneggiata era avvenuta sotto agli occhi della famiglia riunita sui palchi. Lo era anche perchè lo stesso Delrio aveva rischiato di durare come sindaco lo spazio di pochi secondi. L'episodio forse non è mai stato reso pubblico, o forse sì ma non è questo il punto... ormai è passato un anno. E' importante ripescarlo oggi perchè ci sono i semi di una consigliatura sfigata, parecchio sfigata e che potrebbe finire anzitempo. Bene, dicevamo... Delrio presenta ai consiglieri la Giunta. Sconcerto tra molti dei presenti per qualche nome parecchio imprevisto. Uno dei consiglieri di maggioranza, molto più coraggioso degli altri, prende la parola ed esprime forte perplessità sul suo voto "di fiducia" a questa compagine governativa. Delrio non fa una piega e replica a muso duro: se non votate questa giunta, rimetto il mandato agli elettori. Stupore.
Non sappiamo come si sia concluso il confronto. Sappiamo che alla fine il gruppo votò come doveva votare... Ma da allora ad oggi non c'è stato un gran coordinamento tra i consiglieri di maggioranza e la Giunta, e molti dei voti all'unanimità del centrosinistra si devono all'abilità politica di Luca Vecchi, sempre più l'uomo delle "gatte da pelare" in Sala Tricolore.
La vicenda porta a porta è emblematica del clima di scollamento tra Giunta e maggioranza consigliare: il sindaco ha fatto di testa sua e ha presentato il progetto di porta a porta senza dire nulla agli alleati. Ne è nato un ovvio casino, che si poteva evitare se Delrio avesse dato ascolto a una delle sue collaboratrici, che lo aveva messo in guardia dai rischi dell'operazione. Invece anche stavolta hanno prevalso i cantori acritici, e i risultati si sono visti: Nadia Borghi resuscitata dopo il voto "tagliagambe" dell'anno scorso, maggioranza spaccata, sputtanamento a giornali unificati.
C'è chi dice che Delrio sia stato consigliato al gran passo verso la raccolta stradale da Alessio Mammi (sindaco di Scandiano) e dal duo Paglia - Simonazzi, di Enìa/Iren. Voci. Quel che importa è che la mossa ha dimostrato alcune cose. La prima: senza un assessore tecnico destinato ad occuparsi di ambiente, Iren ha un peso crescente nelle scelte dell'amministrazione. E questo non va bene: Iren dipende dai comuni, non il contrario. Questi ultimi dovrebbero essere i garanti del fatto che le politiche dell'azienda mirano al bene comune. Secondo punto: fine dell'alleanza sulla strategia rifiuti con i sindaci di San Martino in Rio e Correggio. Mammi con la sua raccolta "stradale" è la nuova stella polare. Terzo e non meno importante: Delrio sulla strategia rifiuti si riavvicina a Sonia Masini, che non ha mai detto di no ad un nuovo inceneritore. Quello di Sonia è un abbraccio mortale, visto il crollo di consensi che la presidente si trova a fronteggiare, e molti nel Pd ne sono perfettamente consapevoli.
Questa considerazione porta ad un'altra: con le loro scelte "in proprio", con scarso confronto interno, Delrio e Masini sono sempre più simili: sempre più, per certi versi, due corpi estranei in un partito (il Pd) poco presente e poco governato. Roberto Ferrari dovrebbe battere un colpo, invece per ora resta confinato in un "al di là" politico in cui gli unici a contattarlo sembrano essere i cacciatori di fantasmi. Settembre ci dirà molto di più su questo tema. In ogni caso non saremmo sorpresi se i nomi di Delrio e Masini rientrassero nel can can delle candidature in Parlamento per le eventuali elezioni anticipate.

Nota disambiguante sul ruolo media - politica


(segue)
Molti crederanno che Delrio mi stia profondamente antipatico e che ci sia rancore personale nelle mie analisi. Niente di più falso: dal punto di vista personale mi sono sempre trovato bene col sindaco, con Luca Vecchi, con Matteo Riva, con Beppe Pagani... anche se ho dovuto attaccarli un po' negli ultimi giorni nel tentativo di rinfrescare la memoria a lettori ed elettori. La dinamica dei rapporti tra giornalisti e politici prevede, in una democrazia sana, che chi scrive faccia le pulci a chi comanda... e col passare del tempo mi sto convincendo, supportato dalle letture di Michel Foucault, che non esista un potere buono e uno cattivo, ma che esistano rapporti di potere e basta... e che se questi rapporti si cristallizzano fino a diventare irreversibili, si crea una malattia mortale per la democrazia. Se si guarda la storia di Reggio, 65 anni di governo monocolore o quasi, si capisce bene cosa intendo, specie osservando da vicino i potagonisti della classa politica locale. Tutta.

Il vescovo conte che governa Reggio a forza di crociate perdenti


Pochi lo hanno notato ma la questione porta a porta ricorda da vicino un'altra vicenda che ha fatto ammattire gli strateghi di piazza Prampolini: quella delle campine nomadi. Chi scrive era presente alla convention della Margherita reggiana in cui Delrio si produsse in una strepitosa omelia sulla necessità di riempire la città di "campine" per superare l'orrore quasi nazista dei campi nomadi. Il tutto, tra l'altro, sotto lo sguardo paterno di Pier Castagnetti detto il biondino, quello che si augura che i giornali chiudano (*) : un grande democratico - liberale - solidarista attento alle necessità dei più deboli e dei lavoratori. Si trattò di una giornata storica perchè si rese palese una grande verità: Delrio, con i suoi toni messianici da liberatore del popolo sinti dalla cattività della Roncina, dimostrò di interpretare il ruolo di sindaco un po' come quello di vescovo, non riuscendo a trovare uno stile di approccio "laico" ai problemi della città.
Solo così si spiega una politica a colpi di battaglie ideologiche che puntualmente gli costano dei colossali dietrofront: dal caso nomadi a quello del porta a porta passando per il tutte balle sulla microcriminalità e le non meno imbarazzanti certezze a metà sulla questione dell'acqua pubblica in relazione ad Iren. Il sindaco dimostra di avere una mente troppo abituata alle verità senza mezzi termini della fede e della scienza medica ed incapace di adattarsi ai toni sfumati delle multiformi verità stagionali della politica.
Tutti sanno come sono finite le crociate di Delrio. Di microarea ce n'è una sola (tra canile comunale a gattile enpa, dietro al terrapieno dell'alta velocità: ricordiamolo ai distratti) e per il resto i campi nomadi in cui i bambini si ammalano più che altrove sono ancora aperti. Non si sa perchè ma i cattivi e cinici elettori ritengono che il problema sarebbe risolvibile se i santi genitori dei bimbi che si ammalano ripetutamente sotto ai loro occhi si spostassero dalle roulotte alle case di mattoni e cemento. Che carica di cinismo questi perfidi elettori un po' fascisti, eh? La vicenda del porta a porta invece è finita in modo ancor più pacchiano: dopo aver fatto dire a tutti che l'estensione della domiciliare all'intera città era una inevitabile necessità, dopo aver tentato di far passare Nadia Borghi per pazza come si usava oltrecortina anni orsono, Delrio è andato a presentare un progetto uguale a quello che sosteneva Nadia Borghi. Glielo hanno fatto notare e lui ha risposto urlando ai giornalisti. Poi glielo hanno fatto notare tutti gli alleati. Urlerà anche con loro?


(*) i giornali L'INFORMAZIONE e GIORNALE DI REGGIO, come da lui dichiarato in una intervista dopo la rielezione di Delrio a sindaco

HARD RUBBISH 3


Da L'Informazione di mercoledì 11 agosto 2010

venerdì 6 agosto 2010

Titanic Italia, quando affondare è meglio che galleggiare - Se volete delinquere questo è il momento giusto: affrettatevi!


Come nella migliore tradizione della prima repubblica siamo alla crisi di governo estiva, rito di eletta consuetudine democristiana che coincideva di solito con una delle forme peculiari del sistema politico italiano, il GOVERNO BALNEARE, formazione esecutiva raccogliticcia che aveva il compito di traghettare il paese per qualche mese prima del successivo appuntamento elettorale.
E' estremamente divertente prendere nota di come la seconda repubblica, una eterna transizione ad impalcatura fortemente antipolitica, prenda le stesse sembianze della prima. Il peggio dell'armamentario comportale del deputato medio è oggi lo stesso di venti anni fa.
Venuta alla luce sotto gli astri di una società civile che doveva trasfondere moralità e serietà ad una classe politica degenarata, corrotta e puzzona, la seconda repubblica finisce come la prima. Un'ondata di inchieste che inchiodano ladroni e puttanelle politiche assortite, trasformismo ai massimi livelli, congiure notturne di palazzo, grandi centri affamati e piagnoni in cerca di grandi tavole consolatorie e spartitorie, e gli inevitabili scoppi di violenza nelle sante aule democratiche del parlamento. La Santanchè si prende della puttana e due deputati si azzuffano come bulletti affetti da sospetta micropenia.
Sarebbe confortante dire che gli italiani non si meritano uno spettacolo simile ma di fatto questo spettacolo è lo stesso che si può osservare ad ogni incrocio stradale della repubblica in caso di scazzo tra automobilisti, o nelle scuole, o negli stadi, o nelle sagrestie vaticane, o nella finanza, o nell'imprenditoria... perfino le onlus benefiche non sono aliene da certe degenerazioni, stando a quanto mi riporta una amica che conosce la cooperazione internazionale made in Italy, specie nel vicino oriente israelo-palestinese.
Una sola serena analisi finale è dunque possibile: questa classe politica non se ne andrà mai a casa, a meno che 60 milioni di italiani non vengano complessivamente spostati in un altro paese europeo (che ne so, mettiamo la Germania che sembrano sempre più civili). A oggi c'è una perfetta identità tra chi governa e chi è governato, come mai in passato probabilmente. Per questo il consiglio non è quello di incazzarsi come delle belve, ma di cogliere la scintillante possibilità offerta da questo scorcio di storia contemporanea per coltivare ciascuno il proprio orticello di illegalità, arricchimento truffaldino e sopruso. Se volete abbandonare la morale e delinquere sotto lo sguardo materno e compiacente del governo, affrettatevi e fatelo oggi: domani potrebbe essere troppo tardi.
Mahalo.

martedì 3 agosto 2010

Post Politica e società dello spettacolo: showbuisness come un cavallo di troia per accedere alle alte sfere del comando


Quante puttane viste in tv deve portarsi a letto Gianfranco Fini per risultare simpatico agli italiani e quindi farsi votare? Quanti giudici dovrà corrompere, quanti mafiosi latitanti dovrà andare a ossequiare nelle loro catacombe, quanti peccati pubblici e privati dovrà farsi condonare dalla platea tv di Montecitorio? Questa è la vera domanda. Futuro e Libertà non ha futuro a queste latitudini e il manipolo finiano farebbe bene a sciogliersi immediatamente per mancanza di puttane. E' più facile vedere un pipistrello mettere in manette Batman che scovare un italiano dotato di autentica passione civile: meglio Colpo Grosso e il busto di zio Benito nel tinello a farci da spirito guida politico. In queste ore Bersani implora Tremonti di prestarsi ad una congiuretta alla Generale De Lorenzo per estromettere B. dalla conduzione del suo sconclusionato governo: Bersani conferma che il Pd è il vero partito della destra moderata in questo paese, come sostiene il compagno A. Menozzi. Bastava vedere la bandana che domenica sera aveva in testa il giovane sindaco di un comune "rossissimo" della nostra provincia per capire che è iniziata l'era della post politica. Quella in cui Salomè è il mio presidente ed Erode viaggia in calze a rete al Bagaglino.

mercoledì 7 luglio 2010

Sette Luglio '60: panta rei

Sette luglio '60 cinquanta anni dopo sono tutti più vecchi. Parenti e amici delle vittime; Reggio città; le istituzioni; i partiti. Niente manifestazione ufficiale oggi pomeriggio, mi sono concesso solo un passaggio al Teatro Ariosto stamattina, dove un discorso incendiario del presidente nazionale Fnsi ha suscitato scroscianti applausi in sala.
Evitare le autorità? Un bene. Mi risulterebbe difficile giustificare la visione di un Delrio o di una Masini che pontificano sui morti di allora (per attaccare i governi di oggi), non per antipatie personali, per una questione di coerenza. Il Pd a livello nazionale, avallando l'accordo per lo stabilimento Fiat di Pomigliano, mi pare si sia posto in una posizione diversa rispetto a quella degli operai di allora. Nel luglio '60 nessuno si sarebbe sognato di avallare una restrizione dei diritti sindacali in cambio del mantenimento di uno stabilimento. Non so se si trattasse di una posizione troppo intransigente dei sindacati di allora, so che alla sua base c'è un'idea diversa del lavoro, della società, dell'uomo, da quella che oggi viene espressa dal Partito Democratico.

martedì 6 luglio 2010

Uruguay, pazzi d'amore per i vincitori sconfitti

Un grande Uruguay ci ha riconciliati con il calcio e col mondo stasera, dopo giorni densi, pieni di sgobbate al desk, vuoti di quel brivido che si cerca nelle pieghe delle ore per dare uno scossone all'inconstatabile senso del tutto. Lo sguardo fiammeggiante di Forlan, la sostanza del calcio di Cavani, generoso stallone che ha schiacciato la difesa Oranje per lunghi tratti, la corsa di Gargano e Pereira hanno restituito all'occhio del calciofilo il senso d'insieme delle grandi orchestre. Solo un'Olanda dal mostruoso macchinario di sfondamento poteva spegnere i sogni dentro agli occhi spiritati degli uruguagi; e così è stato. Ma il risultato finale non negherà un ritorno da eroi a questi splendidi e fieri angeli dalla faccia sporca della celeste, baciati da una gloria che s'innalza sul Rio della plata incurante del risultato.

giovedì 24 giugno 2010

Buio Mundial / 3 Serena disamina: il peggio deve ancora venire, per colpa di una Federazione mediocre

La sconfitta dell’Italia calcistica di ieri è cominciata il 9 luglio 2006. Dopo una terrificante partita di finale, i nostri eroi di Berlino arrivarono ai rigori e vinsero. Quando Grosso segnò il penalty decisivo ci fu un agghiacciante minuto di silenzio nella stanza in cui mi trovavo: sapevamo, noi quattro amici calciofili, che eravamo campioni del mondo quasi per caso, con una squadra limitata, trionfatori su una Francia che avrebbe meritato più di noi e che ci avrebbe poi battuto e schiacciato pochi mesi dopo la finale. Quindi: una sopravvalutazione del blocco degli eroi d’argilla di Berlino, in primis un orripilante Camoranesi e un Cannavaro formato bagnacauda.
Secondo elemento di analisi: scelte sbagliate del tecnico, in quanto a selezione e tattica. “Non c'è molto da dire: formazione mediocre, senza lampi di genio. La trovata di Marchisio trequartista dietro l'unica punta la dice tutta su come siamo messi: Giuseppe Rossi a casa, Montolivo in panchina. La cosa migliore che possa accadere è che la squadra si ritiri prima del mondiale, o che arrivi Scherzi a Parte”. Così sentenziavo un paio di settimane fa. Lo sapevano tutti.
Il blocco Juve non poteva essere proposto in nazionale eppure al centro della difesa avevamo Cannavaro e Chiellini. Criscito sulla sinistra è un esterno tattico, che nemmeno lontanamente può fare il Grosso di quattro anni fa. Dall’altra parte uno Zambrotta che alla fine non è stato neanche tra i peggiori; ma l’ultimo Maggio era sembrato oggettivamente meglio. A centrocampo, troppa responsabilità su De Rossi, che è solo un buon mediano e non poteva di certo fare il costruttore di gioco. Lampi da Montolivo, parso comunque troppo lento. Allucinante Marchisio, letteralmente scomparso dal campo: Perrotta è parso tragicamente più forte, il che è tutto dire. Trenta minuti scintillanti di Pirlo: dato per morto da quattro anni, è stato il migliore dei nostri insieme a Quagliarella. In attacco, si spera che siano al capolinea Iaquinta e Gilardino, mai visti in campo, involuti, imbarazzanti, inesistenti. Quagliarella era parso più vivo dei suoi colleghi di reparto già nell’amichevole contro la Svizzera. Senza un’idea buona e abbandnato dallo stellone, Lippi ha insistito su Iaquinta e ha lasciato fuori l’attacante del Napoli: beh, niente da dire.
Ma se vogliamo dirla tutta, Lippi andava mandato via già dopo la sconfitta dell’anno scorso contro l’Egitto. La Federazione, guidata da un presidente mediocre come Abete, peggio di Nizzola tanto per fare un paragone, non ha avuto il coraggio di fare ciò che andava fatto. E non avrà nemmeno il coraggio di fare quello che andrebbe fatto già da stanotte: riconsiderare la struttura dei campionati giovanili, a partire da quell’incubatrice di fallimenti umani e calcistici che è il campionato primavera. Occorre abbassare i limiti di età del campionato a 19 anni, per costringere i bamboccioni di casa nostra a smummiarsi.
Oggi nessuno lo prende in considerazione, ma vedrete che il talento di Candreva ci verrà utile: il suo limite è quello di essere rimasto intrappolato nelle giovanili per troppo tempo e di essere maturato molto tardi. La storia di Pirlo, fallimentare e immaturo all’inizio di carriera nei “pro” e poi giocatore decisivo, dice che quello è il punto in cui intervenire. Serve una dirigenza federale lungimirante, Prandelli da solo non potrà fare molto meglio di Lippi.

lunedì 21 giugno 2010

Buio Mundial 2 - Tra i classe '91 e '92 i nuovi Totti e Del Piero - Marilungo è pronto per il grande salto

Nel settore mezzepunte di talento rientra decisamente anche Marco Verratti, '92, un talento tascabile che ha dimostrato in Prima Divisione lampi di classe abbaglianti. Potenzialmente un grande playmaker, per personalità e qualità della giocata singola. E' al Pescara ma da tempo si parla di un suo possibile trasferimento al Milan.
Il Manchester United ha scippato due grandi prospetti ai settori giovanili delle romane. Oltre a Federico Kiko Macheda (ex Lazio), il cui precoce esordio con gol in Premier League lo ha reso noto a livello internazionale come possibile "next big thing" del vivaio dei red devils, sempre agli ordini di Ferguson gravita Davide Petrucci, classe '91, etichettato in tenera età come possibile erede di Totti e fermato negli ultimi mesi da un infortunio. Ma restando al vivaio della Roma c'è un giocatore che gode di stima forse ancor più grande. Si tratta di Stefano Pettinari, che quest'anno è stato lanciato insieme all'altra promessa Filippo Scardina in prima squadra da Ranieri, anche se solo per pochi minuti. Pettinari è un esterno d'attacco dotato di dribbling e corsa, che può giocare anche più accentrato; Scardina è la classica prma punta di fisico ma dotata anche di piedi discreti. E non a caso all'esordio in europa ha fatto gol. Si tratta di due '92 di cui si parla bene da un paio d'anni, e non è detto che Ranieri non dia loro un po' di spazio in prima squadra già dal prossimo anno.
Ma forse il potenziale numero dieci del futuro ce l'ha la Fiorentina. Lo ha scelto direttamente Corvino quando non aveva nemmeno 15 anni e giocava col numero 10 nel settore giovanile del Padova. Si tratta di Federico Carraro, un altro classe '92 che ha talento da vendere. Il ragazzino ha fatto vedere di che pasta è fatto agli ultimi mondiali under 17, segnando un gol con spettacolare tiro al volo a incrociare sul palo opposto. E' nel giro della prima squadra della Fiorentina insieme all'altro baby-fenomeno Babacar, e gli osservatori sono unanimi sulle straordinarie potenzialità del giocatore. Intanto pur essendo sotto età è già nel giro dell'under 21: se non si rovina siamo di fronte a un vero e proprio predestinato. Insieme a lui buone qualità in una fortissima squadra Allievi viola hanno diostrato l'attaccante Pietro Iemmello, atteso come nuovo Gilardino, e il figlio d'arte Alessandro De Vitis, figlio di del bomber Totò De Vitis, centrocampista di grinta e capacità di impostazione (ora alla primavera del Parma).
Per tornare al settore offensvo, da tenere d'occhio l'evoluzione nel Chelsea di Fabio Borini, classe '91. Si tratta di una prima punta che pian piano è stato trasformato in attaccante esterno; anche lui è nel giro dell'under 21 ed è stato uno dei più convincenti nelle ultime apparizioni.
A fine di questa carrellata una precisazione è d'obbligo. Diversi talenti interessanti si trovano anche tra gli '89. C'è da scommettere, a tal proposito, che se Guido Marilungo della Samp azzeccherà una buona stagione 2010 - 2011, potrebbe essere lui il primo rinforzo per l'attacco della nuova Italia di Prandelli. Insieme, ovviamente, a quel pazzo scatenato di Balotelli e al centrocampista blucerchiato Andrea Poli.

Buio Mundial /1 - Sospendiamo il giudizio sulla Nazionale di oggi e sognamo con quella di domani - Una carrellata di pseudo-talenti in cerca di gloria

Di fronte ad una nazionale triste come un libro di Moccia o come un piatto di pasta scotta, al calciofilo medio non resta che aggrapparsi ad altre speranze, ad esempio un progressivo allentamento della morale sessuale nella nostra società, o una finanziaria che tassi esclusivamente i politici corrotti... scenari godibili ma poco credibili allo stato attuale. E allora occorre rituffarsi nel mondo del calcio e cercare qualche pezzo pregiato sparso sui fondali dei settori giovanili, sperando che da quelle parti nasca qualche talento in grado di dare una prospettiva futura decente alla nostra nazionale. Nel frattempo attendiamoci una lunga traversata nel deserto, comunque vada questo mondiale: dopo i ragazzi dell'84 - 85 (Montolivo, Aquilani, Pazzini) c'è un letterale "burrone generazionale" che si è inghiottito i nostri giovani migliori. Gente dotatissima come Giovinco o Paonessa ha davanti a sé un futuro pieno di nuvole. Per trovare qualche gemma vera occorre scendere di età e cercare dal '90 in su. Se vogliamo valutare in modo razionale la questione, il prossimo "fenomeno" della nazionale italiana, finita l'era di Totti e Del Piero, rischia di essere Mario Balotelli. Ok, toccate ferro.
Partiamo proprio da casa Inter perchè la squadra meno italiana del campionato italiano ha un settore giovanile con diversi elementi interessanti, tra cui possiamo citare il difensore Caldirola, i centrocampisti Marco Ezio Fossati e Tremolada e soprattutto il centravanti Mattia Destro: un attaccante del '91 che si dice dotato di buona tecnica e con una continuità realizzativa "importante" a livello giovanile, sia nel club che in nazionale. Unico neo, un atteggiamento piuttosto freddino nei suoi confronti da parte di Mourinho... Procedendo sulla linea del talento puro, ecco alcuni nomi su cui si può già iniziare a scommettere. Innanzitutto Daniele Ragatzu del Cagliari. Considerato che si tratta di un giocatore nato a settembre del '91, siamo di fronte ad una vera promessa. Giocatore dotato di spunto importante negli ultimi metri, brevilineo, molto tecnico, opportunista, ha già segnato in A, e ha già rifiutato a livello giovanile un remunerativo passaggio al Chelsea. Da tenere d'occhio. Così come Ragatzu, appare dotato di un talento superiore il trequartista - ala a tutto campo Simone Verdi, "primavera" del Milan. Giocatore di una spanna superiore ai suoi compagni, tra cui si segnalano l'altro attaccante "vivace" Schenetti e il portiere Donnarumma. Nel Genoa campione d'Italia primavera brilla il talento di Stephan El Sharaawi, savonese di evidente origine nordafricana: visto all'opera, potenzialmente devastante. Quest'anno si è imposto anche l'esterno Antonino Ragusa: si era guadagnato le simpatie di Hernan Crespo, tanto per far capire di che pasta è fatto il ragazzo, classe '90. Nell'Empoli arrivato in finale si parla molto bene di Diego Fabbrini, un trequartista anche lui del '90 seguito a gennaio dal Napoli. Chi lo ha visto giocare parla di un "crack" in via di esplosione definitiva. Nella stessa squadra occhio anche alla punta Nicolao Dumitru: nazionale italiano ma di sangue misto brasiliano e rumeno, nato in Svezia, si tratta di un attaccante di qualità, considerato molto acerbo fino all'anno scorso ed esploso solo nell'ultimo primavera. Si tratta di un classe '91. Della stessa età in casa Roma il cavallone di fascia Marco D'Alessandro: già in prestito al Grosseto l'anno scorso, tutti ne parlano bene sia sotto il profilo tecnico che comportamentale.

(1 - segue)

domenica 13 giugno 2010

SUDAFRICA 2010 / 4. Mesut Ozil è un crack - Lennon non è un playmaker - Messi non può moltiplicarsi per 11

Tre giorni di mondiali ci hanno fatto vedere già alcune cose interessanti. Considerazioni in ordine sparso obbligatorie.
- Il gran gol di Siphiwe Tshabalala per il Sudafrica ha dato fiducia ad una nazionale tecnicamente modesta. Vedremo dove arriveranno i padroni di casa, e se gli arbitri la tratteranno coi guanti di velluto come accadde (scandalosamente) alla Corea del Sud nel 2002.
- Argentina troppo dipendente da Messi e piantata in difesa. Qualcosa non quadra nei conti di Maradona.
- Inghilterra. Ma c'era bisogno di strapagare Capello per vedere la nazionale giocare come 40 anni fa? C'è solo uno schema di gioco: palla alle ali e cross al centro, dove peraltro non c'è una vera torre. Mortificato Rooney, costretto ad arretrare sulla trequarti per prendere palloni decenti; eccessivamente caricato di responsabilità Lennon, giocatore forte però che di fatto è costretto a snaturarsi facendo il playmaker sulla linea del fallo laterale. Lampard e Gerrard devono prendere le redini del gioco e tentare combinazioni palla a terra a partire dalla trequarti. Sono bastati gli Usa, non trascendentali, a dimostrare che a difesa schierata con i cross non si va lontani.
- Grande Germania contro una piccola Australia. I tedeschi hanno appena schiantato gli aussies, ma è stata un'impresa di cartapesta. Verbeek ha fatto giocare i suoi con una difesa altissima, che ha lasciato chilometri alle sue spalle per i lanci in profondità dei tedeschi. Fatta questa tara al 4 a zero, ribadiamo quello che avevamo detto prima dell'inizio dei mondiale: Germania con tanti giocatori che sanno gestire egregiamente il pallone. Un ciclo in netta ascesa che ovviamente non nasce dal nulla, ma che presenta caratteri nuovi: per tecnica e possesso palla la Germania è sembrata una squadra latina. Il fantasista Mesut Ozil ha qualcosa di più di tutti i suoi compagni. Gioca divinamente in combutta con Thomas Muller, altro talento giovane in grande spolvero. E in panchina scalpitano Marin e soprattutto Toni Kroos, uno dei migliori classe '90 europei. Grandi dubbi restano su Klose e Podolski: una rondine non fa primavera, bisogna vederli contro difese più forti.

SUDAFRICA 2010 - 3. Spagna per la vittoria - Valdivia, meglio i soldi della gloria - Ecuador formato jet con Edgar Alvarez

Pubblica ammenda: Jong Tae Se è riapparso. La Fifa si era scordata di inserirlo nella prima lista di convocati per la Corea del Nord, almeno sul sito. Ribadiamo che si tratta di un mistero buffo ma di portata ridotta in un paese il cui presidente in carica (per l'eternità), Kim il Sung, è morto da più di 15 anni.
Gruppo H
Qui è facile direSpagna, una squadra senza punti deboli con due straordinari palleggiatori come Xavi Hernandez e Iniesta, giocatore fondamentale. Con Fabregas e David Silva e Xabi Alonso la squadra iberica ha di fatto il centrocampo perfetto. Da valutare solo eventuali cali di tensione di Casillas (c'è chi vuole il meno quotato Reina titolare) e la luna non sempre dritta di due finalizzatori puri come Villa e Torres. Complessivamente uno squadrone, niente da dire. E con diversi giovani interessanti, come Mata, Busquets, Pedro.
Poche chances per la Svizzera. Visti contro l'Italia, gli elvetici sembrano a fine ciclo. Il naturalizzato N'Kufo è decisamente l'attaccante più pericoloso, insieme al turco di origine Hakan Yakin. La difesa ha qualche nome ma sembra lenta e impacciata. Senderos letteralmente piantato, non ha mantenuto le promesse: nelle giovanili dell'Arsenal sembrava destinato a ben altra carriera, oggi è una specie di Onyewu bianco... Ma c'è un talento che potrebbe far fare alla squadra qualche sorpresa: Eren Derdiyok. Giocatore di fisico e corsa, con discrete qualità tecniche, è un attaccante che quest'anno nella Bundesliga ha "visto" molto bene la porta. Molto si è detto di Gokhan Inler, ma il giocatore sembra un po' sopravvaolutato, come lo è stato Tranquillo Barnetta: quattro anni fa un crack annunciato, oggi anonimo. Si parla molto bene di Xherdan Shaquiri, origini kosovare, un brevilineo molto tecnico classe '91 che lascia intravedere lampi di classe (ma dieci anni fa dicevamo la stessa cosa di Ricardo Cabanas, un '79 che sembrava Pirlo - e non lo è mai diventato).
Tanto folklore dall'Honduras dove in attacco dà spettacolo paracarro Pavon, ammirato in Italia con le maglie di Udinese e Napoli, uno capace di fare gol più o meno solo ai tropici. Ma attenti: squadra pazzerella con qualche talento. A partire dal matto più matto di tutti, il centometrista Edgar Alvarez, uno che con la sua velocità è in grado di mettere in diffdicoltà chiunque. E poi là davanti David Suazo e l'eterno incompiuto Leon, giocatore con colpi sopra la media ma sempre fragle dal punto di vista caratteriale. Uno spreco di talento con pochi eguali. Buono anche Wilson Palacios, attualmente nel Tottenham, centrocampista creativo scoperto dall'occhio lunghissimo di Arsene Wenger (che però invece di prenderselo lo consigliò al Birmingham...).
Infine il Cile, una delle scuole più prolifiche del calcio sudamericano. Partiamo dal superfreak Valdivia, numero dieci sulle spalle, trequartista tutto dribbling che dopo aver vinto il campionato in Brasile col Palmeiras, invece di fare carriera pensò direttamente ai soldi e si infilò in quel buco nero di campionato petroldollaristico che è la serie A degli Emirati Arabi. Lo chiamano El Mago, quantomeno in banca. Un pazzoide da amare subito.
Ma a parte il personaggio, Valdivia è un gran bel giocatore e di talenti il Cile ne ha diversi. Da Alexis Sanchez, che nell'Udinese sta facendo veder grandi cose sulla trequart; a Mark Gonzalez, discontinuo ma pericoloso in avanti. Cile probabile seconda dopo gli spagnoli, a meno che i soliti cali di tensione non ne ridimensionino il rendimento.

(3 - fine)

venerdì 4 giugno 2010

SUDAFRICA 2010 / 2 - Miracoli del calcio moderno: Brasile senza punte e Portogallo con addirittura una punta (un brasiliano naturalizzato, of course)


Cercare di capire il vero valore delle squadre dei prossimi mondiali di calcio, in arrivo tra pochi giorni, è difficile come indagare sui perchè della vita dialogando su skype con una stripper da night club turca: operazione forse sensata, ma dagli esiti difficilmente valutabili. Sul tema "ragazza immagine" vi rimando agli Epigrammata di Marziale e a certe poesie del sempre vispo Catullo sulla sua amica Lesbia, mentre per saperne di più riguardo all'indecifrabile cifra tecnica delle nazionali partecipanti ai prossimi mondiali, ecco alcune considerazioni in libertà sugli ultimi tre gruppi di Sudafrica 2010.
(NB. Ho portato sfighissima a Bent tagliato dal suo ct... e pure a Obi Mikel, che ha chiesto di tornare a casa. Un male per noi amanti del freak-power, un bene per la qualità complessiva del gioco).
GRUPPO F
L'Italia arriva al mondiale con una lista di 23 in cui manca un campione celebrato a livello mondiale. A parte Pirlo, il resto della squadra non gode di grande stima all'estero, e se è per questo nemmeno da noi. Non c'è molto da dire: formazione mediocre, senza lampi di genio. La trovata di Marchisio trequartista dietro l'unica punta la dice tutta su come siamo messi: Giuseppe Rossi a casa, Montolivo in panchina. La cosa migliore che possa accadere è che la squadra si ritiri prima del mondiale, o che arrivi Scherzi a Parte.
Nel Paraguay, che viene da un turno di qualificazione ottimo, elementi interessanti in tutti i reparti. Da Claudio Morel in difesa, che con Ibarra formò nel Boca Juniors una delle coppie di terzini più temibili del sudamerica; a J0nathan Santana, naturalizzato argentino tra gli artefici del miracolo Wolfsburg (scampato a un tentato omiciodio nel 2002, quando gli spararono tre pallottole: un giocatore con una certa fibra...); e in attacco, con Roque Santa Cruz, Haedo Valdez, Oscar Cardozo e Barrios, giocatori molto quotati a livello internazionale.
Apparentemente poca cosa le altre due squadre del girone, motivo per cui anche con la nostra bella squadra di defunti potremmo riuscire a passare il turno agevolmente. Attenti però a non sottovalutare la Slovacchia. A parte Hamsik, a centrocampo hanno due dei più interessanti prospetti europei: Vladimir Weiss e Miroslav Stoch, due 1989 estremamente tecnici e già piazzati in club europei di nome (Weiss in particolare è nel Manchester City). In attacco occhio al classe '82 Sestak, uno che vede la porta, e al sempiterno Vittek. Notte fonda per quel che riguarda la Nuova Zelanda: miracolata dallo spostamento dell'Australia nel gruppo asiatico, la squadra non ha giocatori di spicco e l'impressione è che farebbe fatica a salvarsi nella nostra serie B. Ryan Nelsen, bandiera del Blackburn, e Chris Killen i giocatori di un certo spessore.
GRUPPO G
Occhio al Portogallo. Tutti dicono Brasile, ma sembra una litania. Quale Brasile? Quello visto in amichevole a inizio anno è una squadra con dei grossi limiti, che si accende solo con Robinho e Kakà. La squadra è a una svolta storica: dopo i cicli di Romario e Ronaldo, non ha trovato una punta di livello assoluto. A parte quel "Fabuloso" Luis Fabiano che sembra la classica sola da film anni '80 con Lino Benfi: a certificarlo l'interesse del Milan. Ma la squadra, paraodossalmente, è fortissima in difesa e a centrocampo pare molto solida. Dunga è contestatissimo in patria ma quasi sicuramente finirà nei primi quattro. Nel reparto freak occhio al mediano Josue, uno che coi piedi è dato per essere più scarso dello stesso Julio Cesar.
Il Portogallo ha una cifra tecnica spaventosa davanti, con Cristiano Ronaldo e Nani tirati a lustro. La vera novità, però, è che quest'anno il solito tic-toc portoghese fine a se stesso dovrebbe essere superato: finalmente il Portogallo ha una punta. Pensare che nel ruolo si siano alternati nel passato dei paracarri tipo José Domingos, Cadete e Rui Aguas di solito ammoscia le speranze di ogni tifoso portoghese razionale, adesso però la musica è cambiata perchè la federazione ha ben pensato di naturalizzare Liedson, un classe '77 brasiliano che è tutto fuorchè bollito (carriera iniziata da semi-pro alla tarda età di 22 anni). Si tratta di uno dei giocatori più sottovalutati dell'universo, una punta rapida e guizzante dotata di notevole bagaglio tecnico, insomma il classico rompiballe d'area che di fianco a gente come lo sciupafighe Ronaldo e compagnia bella può portare scompiglio & devastazione. Tra le sorprese il fantastico Danny, uno che dopo le nazionali giovanili era scomparso dal giro, salvo poi trovarsi al centro di uno dei più costosi trasferimenti del calciomercato interno russo (se non mi sbaglio lo valutarono una trentina di milioni di euro, cifra che fa abbastanza sorridere se si prova a pensare alla sua reale provenienza).
La Costa d'Avorio è finita nel girone sbagliato e ha avuto la sfiga di perdere Didier Drogba. Questa è una squadra coi fiocchi, ha giocatori di livello in tutti i settori. Il più freak è di sicuro Kader Keita, un'ala tutta tecnica e scatti che in carriera è andato a fare esperienza con Batistuta e Romario negli Emirati prima di sfondare nel calcio europeo. La Costa d'Avorio ha un grosso limite nella concentrazione: per stessa ammissione dei giocatori spesso si scordano di difendere, il che è tutto dire.
Zero possibilità infine per la Corea del Nord, che nei 23 non ha nemmeno il suo giocatore più forte e conosciuto a livello internazionale: Jong Tae Se. Ma d'altra parte se ti capita di vivere in un paese in cui non sai se il tuo presidente è vivo o morto, la presenza o meno di Jong Tae Se ai mondiali è un dettaglio piuttosto secondario.
(fine seconda parte - continua)

domenica 30 maggio 2010

SUDAFRICA 2010: tra campioni annoiati, promesse sconosciute ai sani di mente e calciatori freak in libera uscita


C'è chi ritiene che i mondiali di calcio Fifa siano il più grande evento sportivo del mondo, c'è chi preferisce le olimpiadi e chi il giro d'Italia: dipende dal livello di doping che siete in grado di sopportare come eventualità rovina-festa... Ma tralasciamo i gusti personali di ognuno di voi e andiamo invece a spiegare perchè i mondiali di calcio sono il più grande spettacolo sportivo. Dipende tutto non dalla presenza dei supercelebrati campioni, cavalli programmati per sottometere&dominare gli avversari a suon di esclusivissimi colpi di rarefatta classe olimpica... no il mondiale è un evento perchè porta allo stesso livelo i fenomeni e gli improponibili giocatori di nazioni semisconosciute agli stessi geografi e con pedigree nebulosi e con qualità individuali spesso imbarazzanti anche rispetto a certi tornei estivi per scarsocriniti con la pancetta dove si vincono al massimo coppa e salame.
Ecco quindi di seguito una guida ai migliori talenti e giocatori freak del prossimo mondiale. Gente che non lascerà il segno, oppure che lo lascerà tra la sorpresa generale regalandoci le pagine più scintillanti di Sudafrica 2010.
GRUPPO A
Nel Sudafrica un tris di freak che farebbero impazzire Gaucci, lo scopritore di Nakata e Vryzas: Teko Modise, Bernard Parker e Siphiwe Tshabalala. In particolare quest'ultimo, un Gullit bolso e più dribblomane, si candida a idolo personale dei prossimi mondiali.
Nella Francia occhio a Mathieu Valbuena: giocatore con parecchia birra in corpo e molto sottovalutato. Per il resto si attende il salto di qualità di Gourcuff, ma l'ago della bilancia sarà Gignac: bomber sconosciuto che con tutta probabilità si troverà a dover fare l'unica punta. Nel Messico letteralmente da brividi i chiari di luna del portiere Ochoa, a suo tempo indicato come un grande prospetto ma ora un po' in crisi: potrebbe passare inosservato, dopo quel pazzoide di Campos (il portiere che in con la squadra di club si divertiva a giocare da attaccante e che nei ritagli di tempo si faceva da personal stylist disegnando la divisa di gioco). Nell'Uruguay tutti guarderanno Cavani, Suarez e Forlan, ma occhio al "sangue caldo" Diego Lugano e al difensore Jorge Fucile (un cognome che è tutto un programma...). Bella squadra l'Uruguay, piena di trequartisti pazzoidi e di giocatori che sembrano surfisti sanguigni e indolenti.
GRUPPO B
Gruppo non difficile per l'Argentina di Maradona, ma el Pibe è davvero il re dei freak e ci ha regalato convocazioni da urlo. Da Nicolas Otamendi, che ha dichiarato di poter ricorrere all'autolesionismo, se richiesto, pur di giocare nel Milan (un masochista nato) al recupero del romantico ottuagenario Juan Sebastian Veron (che in una intervista memorabile ammise di aver vissuto il suo esordio amoroso con una puttana di strada del suo quartiere). Speriamo che Diegone confermi Martin Palermo, il recordman mondiale di rigori sbagliati nella stessa partita: convocato praticamente solo perchè è il centravanti della squadra del cuore di Maradona, il Boca Juniors. Dei vari Messi, Aguero, Milito, Higuain, si sa tutto: l'Argentina è una grande favoritaper la vittoria finale. L'unica variabile impazzita è Maradona: El Pibe come allenatore è un'incognita e su questo piano se la dovrà vedere con degli emuli di notevole spessore. Dalla Nigeria del finto giovane Obafemi Martins e del sopravvalutato Obi Mikel (uno che, per non farsi mancare nulla, a suo tempo firmò due contratti in una volta sola, Man United e Chelsea, salvo poi accorgersi che non si può giocare a calcio in due squadre contemporaneamente), alla Corea del Sud dell'ottimo Park Ji Sung e della vecchia conoscenza Ahn, quello che ci buttò fuori dal Mondiale nel 2002 e che Gaucci incazzato voleva cacciare dal Perugia... Per finire con la Grecia del super-personaggio Otto Rehagel. La ricetta preferita è la Linea Gotica, con undici giocatori dietro la linea della palla, al massimo una punta in campo e un solo talento di spicco: quel Sotiris Ninis, di origine albanese, che da tempo è sui taccuini degli osservatori europei. E occhio al macellaio d'area Sotirios Kyrgiakos, uno che sembra essere appena uscito da Trecento: gioca di solito col volto mezzo coperto da una maschera protettiva che lo fa ancor più truce.
GRUPPO C
C'è l'inghilterra e qui siamo all'università dei freak. Due su tutti. John Terry che oltre ad aver tradito alla moglie ha tentato di organizzare tour a pagamento abusivi nel centro sportivo del Chelsea e ha mezza famiglia nei guai con la giustizia (papà pizzicato per spaccio, mamma per furto). E il grandissimo Frank Lampard, che finì in un video sexy girato a Cipro con una donna del luogo, insieme a Rio Ferdinand e Kieron Dyer: "il quadrangolo no, non l'avevo considerato". Da seguire con attenzione le scorribande di Joe Cole e Aaron Lennon, due supertalenti, mentre attendiamoci cose di basso livello dall'armadio Marcus Bent, un toro con gli zoccoli al posto dei piedi.
Negli Usa il portiere con la sindrome di tourette Tim Howard, il centrocampista - rapper dilettante Clint Dempsey (forse insieme a Claudio Reyna uno di giocatori Usa più forti degli ultimi anni) e Landon Donovan, che ha il grande merito di aver litigato a muso duro con quella fighetta di David Beckham nello spogliatoio dei Los Angeles Galaxies. Poca cosa Algeria e Slovenia, con da una parte il super ex talento Mourad Meghni (da futuro Zidane a Pippa Eterna dopo uno scudetto allievi nel Bologna, dove furoreggiava insieme all'altro eclissato Bjorn Runstrom) e dall'altra i degni eredi del portiere pizzaiolo Marko Simeunovic: gente spesso sconosciuta ai propri parenti, ma con forti motivazioni.
GRUPPO D
Qui la vera sorpresa è che la Germania è piena di giovani talenti. Abituati alle esibizioni sconcertanti del crucchissimo Ballack, i tifosi italiani potrebbero rimanere sorpresi dal fatto che questa nazionale ha diversi elementi che sanno giocare a calcio. Mesut Ozil, Toni Kroos, Marko Marin, Thomas Mueller sono quattro talenti: difficile che tutti entrino nei 23, ma il futuro è loro. Quella tedesca è una scuola in ascesa ma non ha una prima punta all'altezza: Mario Gomez, a suo tempo pagato dal Bayern trenta milioni di euro, nell'ultima stagione ha fatto da panchinaro al croato Ivica Olic, che proprio un fenomeno non lo è mai stato.
Nell'Australia tanti veterani del 2006 ma nessun nuovo prospetto da mettere in mostra. L'uomo leader è Tim Cahill, centrocampita e punta molto bravo a inserisrsi in area e a far gol. Ma il grande giocatore per eccellenza è Harry Kewell "The Jewel", l'unico imprevedibile e creativo in una squadra di "soldatini" di livello solo discreto.
Nella Serbia, squadra di solito piena di trequartisti, i punti forti sono in difesa: Neven Subotic e soprattutto Nemanja Vidic, apprezzato nel Man Utd. A centrocampo il "crack" Milos Krasic, il vero erede di Nedved nel calcio europeo; in attacco i "carneadi" Pantelic e Jovanovic. Il primo fu indicato da Barzagli come il suo incubo personale nel campionato tedesco, mentre il secondo è spuntato dal nulla nel campionato belga guadagnandosi un inatteso passaggio al Liverpool. Piccolo particolare: nessuno dei due ha dei numeri da gran bomber. La super promessa dovrebbe essere Miralem Sulejmani, il classico esterno tutta classe e cazzeggio tipico della scuola slava, ma non è detto che sia nei 23 scelti dal tecnico Antic.
Nel Ghana, infine, una serie di impatici "pazzoidi" che ne fanno una specie di drem team del settore: dal cardiopatico guarito Appiah, al figlio di Pelè (quello del Toro e del Marsiglia..) André Ayew, per finire con Quincy Owusu Abeye: da supertalento stimato da Wenger all'Arsenal, a megabidone scaricato nel campionato russo e attualmente in forza ad una squadra del Qatar. Un freak scatenato, decisamente inconvocabile in altri contesti.
GRUPPO E
Robben, Sneijder, Van Persie: se la competizione si rivelerà molto equilibrata, questi tre hanno le potenzialità per far vincere i mondiali all'Olanda. Peccato che il resto della squadra non sia su quei livelli. Manca un portiere affidabile e la difesa è un'incognita. Ma de centrocampo in su è uno spettacolo.
Tante vecchie glorie e un talento nella Danimarca: nel primo settore rientrano i sempiterni cavalloni di fascia "alla Laudrup" (più Brian che Michael) Jesper Gronkjaer e Dennis Rommedhal. Il talentino è Christian Eriksen dell'Ajax, un bel trequartista limitato da uno sviluppo fisico da quindicenne. In attacco lo stagionato Jon Dahl Tomasson, visto ultimamente in un traballante Feyenoord.
Nel Giappone il mio eroe personale Marcos Tulio Tanaka, un samurai nippo-brasiliano stempiato coi capelloni lunghi dietro, ma la squadra ha perso molti dei big: niente Nakata, ritirato ormai da anni, niente Shinji Ono, forse il calciatore giapponese più forte di sempre, niente Naohiro Takahara, una punta di livello. Eppure la squadra contro l'Inghilterra in amichevole ha stupito, anche senza la stella Nakamura in campo. Occhi puntati sul punk Keisuke Honda: un signor giocatore.
E per finire il Camerun. Lontani i tempi di Milla e Nkono, la squadra oggi pare avere meno guizzi, a parte il supercampione Eto'o. A centrocampo la promessa dell'Arsenal Alexandre Song Billong sta stentando più del previsto, in difesa molti osservatori seguono il giocatore del Monaco Nicolas Nkoulou. Sempre in difesa l'ex meteora della Salernitana Rigobert Song

(fine prima parte)

venerdì 28 maggio 2010

Il Fotto Quotidiano - Due o tre noticine sulla compagnia cantante travagliesca


Non capisco perchè continuino a chiamarla "la D'addario". La chiamino "la dà a Silvio".
La battuta è di Massimo Ciancimino, proprio lui, il figlio di don Vito. L'ha detta venerdì scorso al Circolo Fuori Orario, nel corso di un dibattito che vedeva protagonisti tra gli altri Peter Gomez, Sandro Ruotolo e Marco Lillo.
Ciancimino junior resta per me una figura piuttosto inquietante. Come sia possibile che la persona depositaria di segreti tali da far tremare la Seconda Repubblica si aggiri tranquillamente su e giù per lo stivale quasi senza scorta e si esponga con la massima tranquillità a folle plaudenti come un Divo della TIVVU', ecco mi resta un po' difficile da capire.
Così come mi è difficile da digerire tutto l'alone di merchandising che si è incollato addosso ai membri della compagnia cantante del Fatto e Co. Intendiamoci: ho adorato totalmente Peter Gomez, stravedo per Travaglio, pagherei Lillo per insegnarmi il mestiere. Ma non si può sfuggire da una analisi critica anche nei confronti del baraccone montato su da questi signori. Mi sembra di poter dire che siamo all'alto sfruttamento dell'antiberlusconismo. E siccome Berlusconi è sostanzialmente marketing, consiglierei ai Travaglio brothers meno marketing se vogliono essere più credibili: meno libretti istantanei, meno cachet, meno riflettori, meno make up, meno divismi.
Amen

lunedì 17 maggio 2010

Una settimana importante - Ma non finisce qui - Le Aziende oneste sanno cosa fare se incappano nella mafia


E' stata una settimana importante.
L'articolo su Coopsette e Unieco mi procurerà grane e mi chiuderà porte. Posso rassicurare tutti sul fatto che non me ne frega assolutamente niente: si va avanti. Il coraggio serve a qualcosa. Care Unieco e Coopsette dopo il mio articolo si è creata una discreta fila di persone che hanno intenzione di fare rivelazioni&confidenze&ammissioni. Voi dite che avete sempre fatto tutto secondo la legge. E chi dice il contrario? L'articolo dava una mano in primis proprio Unieco e Coopsette: se c'è qualche legame che mette a rischio la vostra reputazione di grandi e oneste imprese, fate qualcosa per tagliarlo. Trasparenza, totale trasparenza. Se non siete capaci di darvela da soli, ci pensi la politica a imporvela. Questo è il segnale che un Pd in pieno possesso delle proprie facoltà politiche dovrebbe dare. L'importante è che il bene di pochi non vada a scapito del bene di tutti. Spiegate su Telereggio, ad esempio, quello che c'è sotto l'Ipercoop di Genova, sul terreno dell'ex raffineria di Garrone, e perchè quella roba forse sta ancora lì. Se non c'è niente siamo pronti a dare atto che la bonifica è stata fatta a regola d'arte. Trasparenza totale.
Saranno giornate intense e alla fine la verità verrà a galla, qualunque essa sia, perchè il tempo è galantuomo. Lo sappiamo tutti.
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Qualcuno pensa che la bizzarra parentesi di trasparenza si sia chiusa, grazie all'intervento di virili avvocati scrivi-smentita e giornalisti amici. Vi rassicura il fatto che dopo una cazzuta e minacciosa replica sia il Sole 24 Ore che il mio modestissimo quotidiano abbiano smesso di occuparsi della faccenda.
E' adesso che viene il bello, invece.
Mentre a Reggio tutto torna avvolto nella solita candida ovatta Made in Moscow, al di là degli appennini, in Liguria qualcosa si muove. Altro che vecchia inchiesta, come qualche spavaldo giornalista ha detto sabato. Il nuovo questore di Genova non c'è andato leggero, sul tema della 'ndrangheta in territorio ligure.
La criminalità organizzata di tipo mafioso c'è, pensare che Genova e la Liguria siano esenti da questo fenomeno è anacronistico: il nostro capoluogo è un terreno di conquista per reinvestire capitali illeciti". Ed ancora: "Recenti acquisizioni investigative hanno ormai comprovato l'interesse delle organizzazioni mafiose sul territorio. Siamo in possesso di significative testimonianze di tentativi di infiltrazione da parte soprattutto di 'ndrangheta calabrese affiancata dalla permanenza di interessi della mafia siciliana, riferibile soprattutto ai gruppi criminali operativi a Caltanissetta e nella zona di Gela".
Dopo queste parole aziende serie e sane dovrebbero farsi molti più scrupoli a scegliersi i propri fornitori. Anche perchè in Liguria le inchieste le fanno, a differenza di quanto non accada altrove.