sabato 30 aprile 2011

Calcio - Liberatevi degli schemi del Barcellona e godetevi l'orgasmo aritmico dell'attacco del San Paolo

E' il Barcellona la squadra più forte del mondo attualmente? E' la squadra che gioca meglio? Per chi è stufo della snervante favola blaugrana, piena di monocromatici angeli del calcio pronti a far risuonare la celeste melodia del bel gioco nelle orecchie della platea mondiale, un consiglio: accendetevi sportitalia e guardate il calcio brasiliano. Scoprirete che nel campionato paulista c'è una squadra, il San Paolo, con tre formidabili talenti offensivi: Lucas, Dagoberto e Fernandinho. Tre strepitosi, spettacolari bulli dalla giocata diabolica: quando si mettono d'accordo sulla coordinazione dell'esecuzione, suonano meglio di qualunque altro terzetto pedatorio. Ed emozionano più del robot Messi.
Lucas, detto tra parentesi, è il giocatore che dominerà la scena calcistica mondiale del prossimo decennio, come minimo.

Cinema, parole monche sulla morte - Terzani contro Eastwood, due riflessioni incomplete

La fine è il mio inizio e Hereafter, due flop allo specchio. I film di Jo Baier e di Clint Eastwood si addentrano nel tema della morte ognuno con le sue pretese e ognuno con il suo smacco finale, non riuscendo ad interpretare il labirinto chiuso dell'ultimo passaggio su questo mondo. La favola hollywoodiana di Eastwood sposta il nocciolo su un "dopo" che non dialoga con il "prima" della morte, tanto che questo "dopo" costituisce per il protagonista del film una maledizione da esorcizzare. Il documentario scarno di Baier, anticinematografico, si perde nella fuga contraria: Terzani e il suo infinito aldiquà, Terzani e il figlio come due figurine, Terzani e le sue parole paroliere. Niente di più, in un film monodimensionale, profondo come una pozzanghera.
La morte non si può raccontare, non si può controllare. Lasciate ogni speranza, o voi che uscite dalla vita.

giovedì 14 aprile 2011

Camminare nella Bruttezza. E poi nella luce...

Per la tribù indiana dei Navajo la qualità della vita non si misura con la ricchezza o con lo status sociale. Per loro tutto sta nel "camminare nella bellezza". Ecco, se c'è una cosa certa negli ultimi mesi è che qualcuno vuol farmi camminare nella bruttezza. Non riesco più, o quasi, a leggere i giornali: è un calvario. Al lavoro ormai il disagio è pane quotidiano: la tensione ha raggiunto una intensità da rendermi a lungo muto. Mi manca l'aria. Tiro avanti imponendomi un sonno spirituale, una strategia che ha forti costi in termini di lucidità. Solo la passione per il mestiere riesce a farmi spingere di nuovo tutte le mattine il bottone del riavvio. In questa nebbia, le cose belle hanno uno splendore difficile. Difficile da rendere qui, tra il bianco e il nero delle righe. Come sempre servono parole per descrivere altre parole, nella speranza di riuscire ad aggrapparsi a sensazioni che sfuggono dalla pagina. E' una bella fatica strappare i brividi all'alterità del mondo per consegnarli a qualcuno o qualcosa. Bisogna provarci, però. E mentre cerco indizi di compiuta espressione, in questo arabesco labirintico, riesce a sporgersi sulla pagina un solo tentativo: "Grazie, Lucy. Grazie di tutto quello che sei. Grazie".

giovedì 3 marzo 2011

L'angolo stretto

E' possibile essere fortemente dalla parte della Costituzione e della democrazia parlamentare e contemporaneamente prendere totalmente le distanze sia dalle posizioni di una sinistra di potere che schiaccia e compra sia da una sinistra di piazza che non sfugge dalle sue manifestazioni di teppismo adolescenziale?
esiste questo spazio?

sabato 5 febbraio 2011

Riflessioni di un sabato sera in disparte

Qui al podere del Gufo stasera fa freschino, nelle viscere di una stagione indefinita. E' un'ipotesi temporale dentro una fantasia di luogo: reale in quanto descritta, vera in quanto viva. Mi interrogo se il senso delle cose sarebbe lo stesso in un universo senza tempo, saturato dall' "adesso", senza rimorsi, lezioni, paure, fedeltà da vidimare.
Ho perso qualcosa in questi anni e ho guadagnato qualcosa in questi anni; e in definitiva sono sempre e solo un'ipotesi in questo lungo presente, in luogo descritto e tempo convenzionale, aperto.

giovedì 20 gennaio 2011

L'anarchia del potere

Di Salò o Le 120 Giornate di Sodoma ho visto solo alcuni spezzoni, ma ho letto dioverse cose a riguardo e mi sono fatto un'idea.
Pasolini dichiara su questo film - testamento. "Nulla è più anarchico del potere. Ciò che il potere vuole è arbitrario, dettato da sue necessità... di carattere economico.... che sfuggono alla logica comune". Salò è il film maledetto di Pasolini, in cui l'uomo è rappresentato come un animale sfrenato, demoniaco, pienamente capace di applicare l'intelligenza al perseguimento del male. I quattro rappresentanti di quattro poteri reclutano esseri umani in rapporto ai quali viene costruito un rapporto di potere totale che ricorda i lager nazisti. Separati dal resto della società, in una villa persa nelle campagne, i quattro poteri sfogano le loro deviazioni in una trasgressione totale orientata alla morte; e solo la morte in ultima analisi, supera nella sua negatività assoluta le azioni degli uomini, che in essa si dissolvono.
Sul termine trasgressione occorre essere più precisi: non si tratta della trasgressione di qualche regola. Si tratta della creazione di nuove regole: quella che nel mondo è trasgressione, quindi, diventa ordine, un ordine sotto cui a pochi è lecito tutto sui molti. Così il potere è anarchia pura, una libertà "nera" che degrada presto nel caos e nella morte.
Pasolini era un perverso? Il film, in gran parte inguardabile, era una rappresentazione delle sue fantasie più disturbate?
Oppure era l'ultima grande parabola su un mondo che stava perdendo identità e quindi morale, per sostituire tutto con la panacea di un nuovo ordine negativo, quello del consumo? Un mondo in cui i sudditi non sapevano più di esserlo, e in cui essi benedicevano le forze che, se necessario, avrebbero portato al loro annullamento in una forma di dominazione totale e invisibile?
Difficile dirlo. Ma senza arrivare a quegli abissi, in cui l'uomo deve aver paura di se stesso, le cronache di questi giorni ci dicono che Pasolini aveva ragione perchè il meccanismo che aveva individuato esiste ed è perennemente in funzione.
Con una sostanziale differenza tra rappresentazione pasoliniana e realtà della cronaca. Mentre in quella il rapporto di potere assoluto si autodistrugge nell'indefinita morte, intesa come eternità che scioglie l'uomo nella sua polvere di in-significanza, nella cronaca siamo di fronte ad un sovrano che dopo aver edificato il suo impero, viene domato da esso. Il rapporto di potere tra Berlusconi e la sua oscena corte, che si estende ben oltre i confini delle sue tenute, è giunto ad un punto di rottura: egli non è riuscito a edificare quella separazione dal contesto che lo avrebbe portato a degenerare fino alle estreme conseguenze. E ora è costretto a subire egli stesso l'influenza di chi si credeva di dominare: ricattato dalle sue puttane, derubato dagli amici, tradito da quella chiesa a cui ha elargito sostanze pubbliche in quantità oscene.
La scarna moralità di base della bestia - uomo, forse solo un istinto di sopravvivenza, c'è ancora, nonostante tutto.

sabato 8 gennaio 2011

Dio salvi il Tricolore, Napolitano, il pranzo patriottico. Sette gennaio 2011, in piazza ho visto l'Italia migliore: scappate finché potete!


Solo in un posto dove i cessi si chiamano ritirata - come in certe stazioni della sicilia con le facciate grattate dal sole - ovvero il Teatro Valli, solo in un luogo così fuori luogo mi sarei potuto permettere di amare al tempo giusto Giorgio Napolitano, il suo cappello, il suo stare seduto scomposto sulla sedia durante il cannoneggiante e stracciapallissimo discorso di Alberto Melloni, in cui il prof implora a se stesso di non citarsi citando di striscio suo padre, una prolusione a profusione bellissima durante cui tutti sono andati a fumare nelle ritirate, fumatori passivi compresi; questa scena pazzesca mi ha inebriato, con Napolitano con la schiena storta come la mia che cercava di seguire quel torreggiante serpentone di citazioni alla umbertoeco messe in fila da Melloni in un metaromanzo tascabilissimo risorgimentalresistenziale - Melloni! enciclopedico alla diderot con un tempo di esposizione paragonabile ad uno sketch di Ale e Franz, hai tu rivelato di essere un esteta della parola e un narciso parolistico alla bergonzoni: dio vi benedica, tu e la parola! Melloni è stato una spanna sopra a tutti, nella mia personale classifica precede anche i pantaloni a vita bassissima della bella inviata quarantenne di un'agenzia giornalistica X che sembrava amorevole come un generale sudamericano e in cerca di sesso da raccontare all'analista come una quindicenne di mezz'età: tu! Pussa via al secondo posto, pantalonata bassa, depositaria di tondità tentatrici, tentacoli per gli occhi dentro alla stanzina con vista sulla platea al terzo ordine piena di strampalati giornalisti di Nehanderthal singles a seconda dei casi, cuori momentaneamente solitari con gli occhi a mangiarti mentre il suddetto Melloni cercava di far compiere all'umanità un salto avanti nella faticosa scala evoluzionistica....

Che spettacolo al Valli, che fiera campionaria! Il codone presidenziale planato da marte in mezzo ad una pletora di consiglieri comunali e sindaci di campagna dallo sbadiglio facile pieni di inconsapevole gaiezza nello stare seduti al Valli vicino a lui, GIORGIO re di Napoli, l'uomo che sta sul colle come il piccolo principe su un suo satellite e che ha il potere ineffabile di non firmare una legge, solo una volta senza passare dal via, e di mettersi il cappello di paglia l'estate.... lui l'uomo che ha sfidato la bandana arcorina con il panama, uomo di popolo snobbissimo, che chissà come la pensava sull'ungheria e su imre nagy? Nescio! Nel 2011 siamo tutti riformisti e in ungheria c'è la censura preventiva sui tg, come in italia: viva il socialismo irreale di retrogusto putiniano. Da ringraziare l'incompreso comitato disorganizzatore, che ha ben pensato di non turbare la morale delle schizzinose consigliere comunali locali invitando a Reggio figuri tipo parlamentari, ministri o segretari di partito ... ed è stata la scelta giusta: mai vista una mattinata così pedagogica dai tempi in cui ero utente di Reggio Children.

Ma partiamo dall'Inizio. Alle 8.59 di una gelida mattina di gennaio, 7 gennaio 2011, mi chiama il fotografo: la cerimonia in piazza Prampolini sta cominciando con un minuto intero d'anticipo sul programma - altro che paese latino! Ordine e disciplina... un trenino giapponese troppo zelante sotto le mentite spoglie di presidente della repubblica suona la sveglia alla macchina organizzativa quando in piazza neanche ci sono i sindaci di Torino Roma e Firenze! Tutti in ritardo, il presidente ha fretta, panico! Mezza aristocrazia politica locale è ancora oltre le transenne con le briciole della brioche sulla camicia (si noterà una consigliera regionale socialista sgomitare in mezzo alla folla per affacciarsi in prima fila tra il pubblico e chiedere come poter zompare all'interno dell'area vip con, tanto per fare esempi, Romano Prodi e la Masini). La cerimonia, sempre uguale a se stessa, con rarissimi tricolori tra i cittadini come tutti gli anni, con altrettanto rari vessilli alle finestre, registra ancor meno presenze tra gli under 18, tanto da far sembrare il tutto la festa della bocciofila con giovani parenti al seguito solo in quanto troppo piccoli per stare a casa da soli... eppure a parte questi dettagli un po' così la gente è tanta, il rituale ha i suoi momenti emozionanti. Prodi in piazza viene salutato come un messia, con l'età la di lui faccia ha assunto un tratto più coerente col suo navigatissimo profilo di predatore delle acque politiche. Il mortadella assomiglia sempre più a un poliziotto irlandese pronto a randellare per la terza volta consecutiva silvietto bello da pornolandia, se qualcuno glielo consentisse. E' un uomo in cerca di rivincita, e va temuto.
Per sua sfiga c'è anche un altro contendergli lo scettro dell'amor di popolo, il bellissimo Matteo Renzi, nato sotto l'ascendente del phon, che verrà inchiodato allo sfondo patinato delle sue battute da prete da una insospettabile vecchina ... ma di questo parleremo dopo... Torniamo a piazza Prampolini e a uno dei momenti più deliziosi della mattinata: l'arrivo di Gianni Letta e del sindaco di Roma Alemagno, con stampella. Mai sentita prima di quel lento attraversamento la percezione fisica dell'odio arrivarmi alle narici attraverso l'umidità dell'aria. Gelo feroce della folla. Le poche bandiere non sventolavano. Le mamme non sorridevano. I bambini si sentivano vecchi per la prima volta nella loro vita. Poi, finito il passaggio dell'attonito corteo, la piazza è tornata a farsi sentire col suo brusio e persino qualche piccione ha ripreso a volare, con circospezione.
Altra delizia per gli occhi, il momento degli inni: Donato Vena, l'internazionalista della pizzica, canta Mameli a squarciagola come se fosse un parà della Folgore; a suo fianco un algido furetto del post-moderno Pd, tace assorto in altri pensieri... Mi volto verso i colleghi e vedo lo sguardo di marmo di un giornalista del Tg5 molto noto. Ha già capito che a parte il quartetto Napolitano-Prodi-Letta - Amato, siamo a qualcosa di pericolosamente simile ad una sagra. E la pupilla gli s'incupisce...

C'è giusto il tempo di mezza telefonata e poi si sgattaiola via verso il Teatro Valli, dove Napolitano e le sue truppe tricolorizzate ci intratterranno per le due orette seguenti (ritardo incluso) con ampie e articolate orazioni su quanto siano necessari a noi mortali per comprendere il senso pieno del vivere in questa idiliaca comunità minacciata dagli orchi delle tenebre arcorine. Il servizio d'ordine da 12 settembre impone ai cronisti una bella entrata in sordina da porticina secondaria, con tanto di controllo dei documenti: due dei tre che mi precedono hanno dati sbagliati sul pass, ma entrano uguale, al terzo nemmeno lo guardano il pass, perchè lo conoscono... e a mia volta non vengo cagato nemmeno io, in questo teso momento in cui mi illudevo di poter essere scambiato per una minaccia per lo Stato... A completare il quadro, un mezzo migliaio di colleghi entrerà poco dopo nel teatro senza nemmeno passare dai controllori del ticket, semplicemente mescolandosi alla folla degli invitati. Per fortuna c'erano i cecchini sui tetti della città a vegliare sul Presidente, o sulla Befana, chi lo sa...
La piazza Martiri del 7 luglio nel frattempo è stracolma di gente che vuol vedere se Napolitano esiste anche nella realtà oltre che nei Tg nazionali, ma la vita vuori dal Valli non è semplice: i discorsi di Delrio, Masini e Melloni nemmeno si sentono, poi un pullman passa davanti al maxischermo e la folla si incazza di brutto... i cecchini sui tetti iniziano ad innervosirsi, in mezzo alla plebe c'è pure un bizzarro argentino con una bandiera di legno, vicino ad altri "sospetti immigrati" figli di cittadini italiani che seguono con spavaldo coraggio tutta la cerimonia.

La gente non si perde molto. Di Melloni abbiamo già detto, automonumentalizzato. Delrio fa bene il suo compito e quindi si celebra senza dare nell'occhio. La Masini come talvolta le accade esce di tono rispetto alla manifestazione e comizia alla grande con voce rotta dall'emozione: sta quasi piangendo quando si appella al presidente perchè faccia da esempio ai giovani (e ci mancherebbe: presiede la Repubblica, mica il Consiglio) mentre i colleghi inviati dalle agenzie di stampa si scambiano sguardi sempre più carichi di interrogativi...

Proprio mentre lo scontento popolare sta per montare oltre il sostenibile, con pensionati che pensano di utilizzare i loro berrettini come corpi contundenti, prende la parola, in teatro e sul teleschermo, il presidente Napolitano: lo fa con voce alta e stentorea che supera i limiti tecnici e viene distintamente avverttita pure in piazza, scatenando il composto tripudio interiore degli astanti. Ed è un clamoroso crescendo: si parte da una palude di salsa storiografica per finire con una serie di cazzotti verbali alla Lega e al federalismo secessionista, con un trionfo di applausi che nemmeno a un concerto di Ramazzotti. Seminascosto tra la folla, l'implume consigliere comunale e vicepresidente del consiglio leghista Gianluca V., che ha fatto una sommessa pernacchia al presidente provinciale della Lega ed è andato a Teatro fregandosene del di lui divieto: mal gliene incolse. Alla fine si fingerà fan di musica classica:"Sono qui per il concerto" . E giù con l'ampolla del Monviso a sciacquarsi la bocca.
E' quasi l'una quando il concerto finisce e il presidente si affaccia su piazza Prampolini per un "bagno di folla". C'è poca gente ma l'entusiasmo schizza a mille: dopo aver cagato meno di zero la stampa, Napolitano si rimette la faccia da nonno della nazione e prova a fare il Ciampi e il Pertini per qualche minuto, stringendo qualche mano e dispensando generose sopraccigliate di comprensione ai congelati fans del Colle. Qualcuno gli lascia anche un pacchetto regalo, per il terrore della scorta: il tutto viene fatto sparire per sempre nel giro di venti nanosecondi. Il corteo presidenziale riparte a razzo verso il pranzo in questura ma a regalare spettacolo in piazza c'è uno smisurato Matteo Renzi, che con la sua verve da gita delle superiori ha totalmente oscurato per tutta la mattinata sia mr Plombe Chiamparino che Alemanno.
Lo show era iniziato in piazza Prampolini ma purtroppo me lo sono perso, poi è proseguito al Valli: prima il bellone fiesolano ha eluso la stampa con un raffinatissimo "ho urgenti impegni di gabinetto", accompagnato nel momento del bisogno proprio dal responsabile di gabinetto del sindaco del comune di Reggio... poi in piazza è stato un vero bagno di folla, con una manica di cinquantenni euforizzate a chiedergli una foto ricordo o una dedica. "Sei il più bravo, Renzi", gli urla un militante infervorato e lui replica "Si vede che non mi conoscete, eh eh". Lo rintuzza una carampana con una bellissima permanente: "Sei proprio bello Renzi!" e lui sempre più a suo agio: "Nooo, anche Delrio è un bell'omo..." e infine, un'insospettabile sfinge di 89 anni truccatissima lo parcheggia così: "Con quell'espressione speriamo che questo sia un attore... perchè non c'ha proprio la faccia da sindaco..."
Vox populi.
(Epaminonda de Ossorio)