Faccio pubblica ammenda, signori della Giuria. Ho sbagliato.
Anni fa, passando in rassegna i luoghi mentalmente cancerogeni della nostra società, la discoteca emergeva al primo posto della mia immaginaria lista nera. Oggi non può più essere così. La discoteca in quanto tale è una costruzione che sta scomparendo, sempre più insensata rispetto agli standard del marketing della società dell'irreale. Altri luoghi l'hanno soppiantata come principali fabbriche di significato del mondo contemporaneo. Penso ad esempio alla palestra, o alla chat, o alla vacanza esotica di massa. La palestra è la nuova discoteca, là dove il maschio giustifica la cura del suo corpo del tutto femminea e dove la donna impone il suo modello di dominazione mascolina. Non è più nelle parodie di danza da dancefloor che si forgia la coscienza di una generazione ma nella disciplina militare del personal trainer, nella liturgica standardizzazione dell'acquagym: è qui che una tristemente ampia schiera di sottoposti alla voce del padrone, cioè del marketing, accetta un uso di sé che fa gioco ad ogni business, ad ogni nuovo tipo di rapporto dominante che il potere economico impone attraverso la disciplina dei corpi.
Oggi le discoteche, quando non sono vuote, sono scatoloni depotenziati; luoghi di passaggio in cui i partecipanti pagano nostalgico tributo al vecchio culto. Non sono più centrali, perchè la modernità dei consumi ha eletto nuove cattedrali in cui farsi adorare.